Lo stregone dei dati - The data warlock #001
Gestire l'azienda come una "data & technology company", mediante l'utilizzo di dati e informazioni e attraverso l'applicazione delle tecnologie trasformative.
“Stranamente, non abbiamo mai avuto più informazioni di adesso, ma continuiamo a non sapere cosa succede” (Papa Francesco)
Benvenuto alla newsletter dello Stregone dei Dati. Seguimi in questo viaggio alla ricerca del tesoro nascosto della competitività di impresa. Saranno necessari molti incantesimi per superare le prove disseminate lungo il percorso, ma non temere: quelli che sembrano sortilegi in realtà sono il risultato dell’applicazione delle tecnologie disponibili all’universo di dati che ci circonda. Il mondo, in fondo, è un’informazione, e questa è la chiave per viverci e prosperare.
Se vuoi partecipare al viaggio, devi solo premere il pulsante Subscribe now (Iscriviti) l’abbonamento è gratuito. Se poi quello che leggi ti piacerà, puoi senz’altro condividerlo con amici e colleghi.
Il prossimo avvento dei computer quantici cambierà il modo in cui lavoriamo? E in che modo posso scovare questi benedetti dati, così onnipresenti e ubiquitari, di cui tutti parlano ma che io non riesco a vedere? Una volta che ho scoperto dove si annidano, cosa mai potrò farci? La velocità è tutto, lo capisco, ma come faccio a trasferire questo principio in azienda?
Lavoro da una vita in mercati fondati sui contenuti, principalmente business information e publishing, e ho sempre utilizzato la tecnologia come chiave per creare dei vantaggi. Le cose di cui parlo, di conseguenza, sono oggetto degli articoli che trovi qui sotto, ma corrispondono anche alla mia esperienza sul campo.
Leggi dunque questa newsletter, ma se vuoi approfondire alcuni temi e capire come calarli nella tua realtà professionale, rispondi a questa email o mandami un messaggio diretto su Linkedin. Sarà per me un piacere.
In attesa di conoscerci … buona lettura!
Lavorare sul futuro con la fisica quantistica
I computer quantici (o quantistici) non esistono ancora, ma ci saranno presto. Quanto presto? Per disporre di applicazioni realmente utili si parla di anni. Quando ci saranno però indurranno degli effetti sbalorditivi, in quanto disporranno di una potenza superiore di parecchi ordini di grandezza a quella disponibile attualmente.
Per questo gli esperti di crittografia stanno già lavorando su algoritmi di sicurezza in grado di resistere ai tentativi di crackarli che saranno possibili grazie a queste nuove macchine.
La fisica quantistica opera secondo criteri diversi dal senso comune. Ad esempio, avete presente il gatto di Shrodinger? La povera bestia sta dentro un contenitore ed è sia morta che viva, diventerà l’una o l’altra solo quando si andrà a vedere come sta. Come stai? bene, male, dipende: lo saprò solamente quando qualcuno aprirà la scatola per controllare. Questa singolare proprietà della materia può essere molto utile nel campo della protezione dei dati. Infatti in uno stato quantistico una chiave di sicurezza crittografica rimane sospesa finché non viene utilizzata. Finché nessuno ci guarda dentro, rimane in uno stato sospeso; ma quando qualcuno interferisce cambia di stato, anzi ne assume uno, e io posso accorgermi che qualcuno ha curiosato.
I metodi crittografici attualmente disponibili non sono strutturalmente indecifrabili; sono difese che possono essere in teoria superate, il problema è che data la velocità delle macchine attuali, per farlo ci vuole molto tempo. Quanto tempo? Tanto. Giusto per fare un esempio, se la mia password è composta da 10 caratteri tra cui numeri e simboli, un processore normale ci metterebbe circa 500 anni (*)
In ogni caso, il palcoscenico sta per aprirsi su un attore nuovo, entrano in scena i computer quantistici, e il “troppo tempo” diventa una manciata di secondi. Nulla è più protetto, dal sistema frenante della tua autovettura alle chiavi di lancio dei missili nucleari intercontinentali.
Stiamo parlando del futuro. Ma è proprio così?
In una strana corsa ad arrivare prima a quello che ancora non c'è (un atteggiamento molto quantico), alcuni gruppi di hacker stanno ammassando grandi set di dati ad oggi indecifrabili, ma attaccabili quando i suddetti computer quantici saranno disponibili. Fra 5 o 10 anni molti di questi dati saranno totalmente inutili, e verranno gettati via appena decifrati; ma non tutti. Fra qualche anno potrebbero venire pubblicamente documentate le avventure extra coniugali di mogli e mariti sui siti di dating; così come i movimenti bancari da e per i paradisi fiscali (ricordo che, almeno nel primo di questi due casi, la prescrizione non esiste e non è mai esistita).
Insomma, sempre più spesso ci tocca lavorare sul futuro perché il presente non basta. Chi gioca sull’oggi, può contare con fiducia sul fatto che perderà domani.
Cosa succederà nel nostro settore nel prossimo futuro? Quel futuro di cui finora ci siamo preoccupati poco o nulla perché ormai ragioniamo in mesi e non in anni? Tutta questa potenza di calcolo come potrebbe venire utilizzata dai concorrenti della nostra azienda? Il futuro ha un vizio antico, arriva sempre prima di quanto ci saremmo aspettati. Un grande, sentito augurio a chi invece insiste a lavorare nel passato.
(*) warning: in realtà un supercomputer ci mette solo 10 minuti - non so perché mai qualcuno che ha accesso a un supercomputer dovrebbe preoccuparsi di “bucare” proprio me, ma nel dubbio le mie password contano almeno 3 caratteri)
Ma dove si nascondono questi benedetti dati che dovrebbero cambiare il mondo?
Il numero delle foto scattate in un anno si misura in triliardi. Pazienza: cani, gatti, feste, piatti di vario tipo, e ovviamente tonnellate di selfie.
Se stringiamo il focus (beh, parliamo di fotografia …) ci accorgiamo però che ogni scatto contiene o può contenere le seguenti informazioni:
marca e modello della camera o dello smartphone
giorno e ora dello scatto
lunghezza focale delle lenti e velocità dell'otturatore
rapporto focale e Exposure Bias Value (qualunque cosa sia)
il bilanciamento del bianco
la sensibilità del sensore ISO;
e ovviamente le coordinate GPS.
E questi sono solo gli "hard data" e i metadati.
Poi c'è il contenuto, ovviamente, che può essere esplorato con varie tecnologie. Quelle maggiormente disponibili permettono di riconoscere loghi, oggetti, volti, attività, sfondi, ambienti. Per non parlare degli studi più sperimentali che consentono di diagnosticare patologie, indovinare l’umore e predire il comportamento.
Come vedete, una foto non è una foto, è un mondo di dati.
Cosa manca? Manca la fantasia, o come direbbe un data scientist, il “modello”. Cioè, come posso combinare tra di loro dati diversi per produrre valore? Ad esempio riconoscendo che una certa marca di birra è più spesso consumata da soli, o in compagnia? O che in una certa zona e in un certo periodo dell’anno determinate attività sportive vengono svolte alla mattina o al pomeriggio o alla sera? Come questo cambierà il modo in cui promuovo e distribuisco il prodotto? E se poi riesco a combinare questi dati con informazioni provenienti da altri data set?
Non sono i dati che mancano, da sempre nelle aziende ce n’è più di quanto si sospetti, figuriamoci adesso tra social e Internet of Things. Il problema è che vengono utilizzati per la funzione d’uso più immediata, in quanto manca l’immaginazione applicata che consente di inventare valore. Un vecchio racconto di Achille Campanile chiosa sulle seppie e i piselli: nulla di più diverso e distinto, eppure insieme sono un piatto formidabile. Dobbiamo cercare le seppie e i piselli nei giacimenti di dati delle nostre aziende, cucinarli insieme e servire il piatto della competitività aziendale.
Per approfondire: Analyze and Map Photo Locations with Python and Tableau
Presto che è tardi
La velocità è tutto, lo sappiamo; o piuttosto pensavamo di saperlo. Già, perché prima della pandemia i nostri siti aziendali erano ancora prevalentemente vetrine, semplici contenitori di informazioni di riferimento, uno fra i molteplici touch point nel customer journey, per quanto importante. Con delle esigenze estetiche e stilistiche da conciliare con fattori più tecnici quali la velocità nella risposta all’utente.
Poi ci ritroviamo chiusi in casa e di colpo i nostri siti diventano veicolo di fatturato. La gente compra online beni di valore crescente, sempre più spesso, con ticket medi sempre più alti; se non compra direttamente sul nostro sito, si informa e sceglie tramite le informazioni disponibili. Sempre che riesca a scaricarle velocemente. Quanto velocemente? Molto velocemente, perché le persone sono estremamente esigenti da questo punto di vista. Il benchmark di successo è Tik Tok, max 30 secondi di video e poi uno swipe, video e swipe, video e swipe … se questo è il punto di riferimento, aspettare qualche secondo per visualizzare la scheda tecnica di un prodotto è inaccettabile. Si evidenzia dunque, nella primavera del 2020, la relazione diretta tra performance del sito e fatturato realizzato. Cioè, tradotto: se il mio sito è lento e non scarica con efficacia sullo smartphone del potenziale cliente, non vendo.
La performance è ormai anche uno dei fattori rilevanti della SEO. Il fatto che il mio sito sia considerato rilevante dai motori di ricerca rispetto a un certo argomento, dipende sempre più dalla velocità di accesso. Questo in teoria è discutibile: come utente potrei preferirei atterrare su una pagina lenta ma estremamente rilevante, addirittura preziosa rispetto al mio interesse su un certo argomento; di contro, non vorrei mai andare a finire su un’altra pagina, inutile o poco significativa, solo perché è veloce. In teoria è così. In pratica da utenti facciamo scelte diverse, e i motori di ricerca ne tengono conto.
Insomma, possiamo avere il prodotto migliore del mondo, sul sito più bello del mondo, ma se la velocità di risposta non è fulminea, non lo saprà nessuno o quasi. Vi invito a fare un test: utilizzate i molti strumenti disponibili on line (ce n’è anche fatti da Google), controllate la performance del vostro sito, e quella dei concorrenti. Vi assicuro che rimarrete drammaticamente sorpresi.
Per approfondire: Ep. 84 del podcast Gitbar con Matteo Lullo (SKY Italia) su Web performance
E ora un po’ di musica
Abbiamo parlato di come creare valore combinando dati tra di loro; di velocità; e dello strano modo in cui si comporta la materia allo stato sub atomico (cioè quando è piccola, ma proprio piccola) secondo la fisica quantistica.
In fondo anche il business assomiglia sempre di più alle moderne teorie delle scienze naturali, che ci spingono a considerare le questioni sotto punti di vista non convenzionali e contro intuitivi. Ogni giorno, di questi tempi, continuiamo a scoprire nuovi strati di complessità e fenomeni che ci sembrano anomali, almeno finché non li esploriamo e proviamo a comprenderli con regole diverse.
In questo viaggio nell’universo dei nuovi mercati, vi propongo di farvi accompagnare da melodie che esprimono il nostro smarrimento rispetto a questa diversa scala, ma anche il fascino della scoperta del nuovo.