Lo stregone dei dati - The data warlock #002
Gestire l'azienda come una "data & technology company", mediante l'utilizzo di dati e informazioni e attraverso l'applicazione delle tecnologie trasformative.
“Ognuno ottiene così tante informazioni nell'arco della giornata da perdere il proprio buonsenso.” (Getrude Stein)
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Creature fantastiche (o no?)
Nel 2015 c’erano solo 80 unicorni in tutto il mondo; ora ce ne sono 830. Un salto di un ordine di grandezza in cinque anni, quello che si chiama crescita esponenziale vera - non come in un recente telegiornale in cui l’etichetta “crescita esponenziale” è stata attribuita a un misero singhiozzo del +5%, che potrebbe essere una semplice variazione stocastica, cioè casuale. Dovremmo piantarla di utilizzare espressioni fuori luogo solo perché stanno bene e danno un’aria figa.
Fatto sta che si prevede che gli unicorni saranno più di mille all’alba del febbraio 2022.
Ovviamente non si parla della creatura con il corpo di cavallo e un singolo corno in mezzo alla fronte, aka liocorno, vaporoso figlio delle leggende, ovvero clamorosamente estinto nell’ultimo diluvio (il gatto, il topo, l’elefante, non manca più nessuno etc.) ma delle aziende che godono di una valutazione superiore al miliardo di dollari (1.000.000.000 $).
Le dinamiche del mondo moderno vanno verso il gigantismo. La prima metropoli, la prima città con più di un milione di abitanti, è stata Roma antica; c’è voluto più di un millennio e mezzo per registrare la seconda, la Londra vittoriana; fast forward un paio di secoli scarsi, attualmente più di metà degli abitanti del mondo vivono in metropoli. C’è una tendenza all’aggregazione, The winner takes it all, chi sta al primo posto tende a diventare sempre più grande. Alla faccia del carlino di Men in Black per cui “voi umani, quando imparerete che le dimensioni non contano?”.
Questo non dovrebbe stupirci. La legge di Moore è alla base dell’informatica e l’informatica è ormai alla base di tutto ciò che facciamo. Ogni dodici mesi circa, tutto ciò che ha al suo interno un processore, vale a dire una capacità di fare ragionamenti basata su un chip, raddoppia la sua capacità. Vogliamo fare il calcolo insieme? Con questa progressione una cosa che vale 1 (uno, che è pochissimo, appena più di zero) dopo 10 periodi vale 512; dopo altri 10 vale cinquecentoventiquattromiladuecentottantotto; dopo 30 periodi cinquecentrotrentaseimilioniottocentosettantamilanovecentododici. Ovviamente tutto ciò che sta a fianco viene schiacciato, espulso, annichilito o nella migliore delle ipotesi ridotto a nicchia.
Se il mondo davvero funziona così ci sono due conclusioni che possiamo trarre per il nostro business, due conseguenze profonde e cruciali.
Se siete in un settore in cui c’è un attore che mostra una crescita esponenziale, prenotate un appuntamento con il CAF per calcolare gli anni che mancano alla pensione, e in bocca al lupo;
altrimenti, se un tale concorrente non è (ancora) arrivato, oppure se vi mancano troppi anni prima di potervi finalmente permettere di passare il tempo a osservare i cantieri, potete provare a individuare punti del vostro business dove è possibile inserire meccanismi a crescita esponenziale. Ci sono molte vie specifiche per fare questo, ce ne è una più semplice delle altre; tutte le volte che riusciamo a trasformare un processo da fisico a digitale, ci assicuriamo un biglietto per lo show. Perché il mondo fisico, quando cresce, lo fa secondo dinamiche lineari; quello digitale invece è, appunto, esponenziale. Dopo di che ogni brodo vuole la sua cottura, ogni azienda e ogni settore meritano una ricetta separata, altrimenti i consulenti cosa ci starebbero a fare?
Per approfondire: da CBS Insight
La fuga dei cervelli
Resto sempre stupito dal potenziale creativo del c.d. popolo della rete. Non sempre si dà da fare per intenti nobili e degni di essere perseguiti, ma dà spesso prova di grande inventiva e originalità. Così dopo il film del 2013 sulla fuga dei cervelli il testimone di chi si occupa dell’argomento è passato al vero e proprio inno di Gianni Cyano (Pensa alla fuga) fino alla nascita di un blog “Viva la fuga!” dedicato .. al ciclismo, a cosa stavate pensando?!?
Tra tutti i cervelli in fuga, quelli più difficili da attrarre e mantenere sono gli informatici, figuriamoci gli esperti di data science. Non si trovano proprio, la domanda da tempo è di gran lunga superiore all’offerta. Le retribuzioni richieste salgono e anche quando si riesce a portarne a casa uno, la fedeltà media è attorno ai due anni. Dopo di che arriva qualcuno che offre di più, e addio, ci vediamo su Linkedin. E’ quasi più difficile trovare sul mercato un data scientist che un carrellista/retrattilista, per intenderci.
Come attrarli, dunque, e come farli restare? Ci sono molte ricerche, anche recenti, che esplorano l’argomento per cogliere gli elementi che fanno la differenza in un’offerta di lavoro in questo settore. Un fattore primario è la possibilità di lavoro a distanza, cui i candidati tengono moltissimo; fattore peraltro implicito, perché sempre più aziende compongono i team attingendo le competenze dove si trovano, Repubblica Ceca, Brasile, Londra, Italia … . Poi ci sono le possibilità di apprendimento, la competitività dell’azienda, e così via. Insomma, i nostri cervelloni vogliono lavorare comodi, da posti belli e confortevoli, usufruendo di notevoli gradi di libertà nell’organizzazione del proprio lavoro; in ambienti stimolanti e fighi; in situazioni che permettano loro di apprendere e mantenersi competitivi; con retribuzioni e benefit interessanti. Chiamali informatici! Un altro fattore che emerge è la qualità del software, come sottolinea l’approfondimento linkato qui sotto. Quelli bravi preferiscono situazioni dove c’è da sviluppare del nuovo, senza sfiancarsi nel recupero e nell’adeguamento di sistemi legacy sviluppati, per dire (ma non per dire) in Cobol. In altre parole, tra spendere i prossimi due anni della mia vita lavorativa nello sviluppo di sistemi e programmi nuovi e innovativi, piuttosto che sfiancarsi nella bonifica e recupero di aree informatiche dismesse, non c’è storia.
Questo stato delle cose è un problema che affligge tutte le aziende, anche quelle più competitive. Trovare, reclutare, inserire e mantenere in squadra risorse sempre più scarse e esigenti è un “pain point” per tutti. Vanno modificate le modalità di gestione di questo tema e per farlo a mio avviso potremmo adottare uno sguardo simile a quello dei general manager delle squadre di calcio, che devono consegnare alla società un roster adeguato, composito, con il tipo di abilità e caratteristiche richieste dall’allenatore, competendo per farlo in un mercato feroce, costoso, dove ogni errore ha effetti importanti, dove i concorrenti si dedicano tanto a fare il loro, quanto a impedire che gli avversari diretti trovino la loro soddisfazione. In questo ambiente le squadre che hanno il blasone e i soldi, quelle che per intenderci tutti gli anni si giocano la Champions League, pososno permettersi di andare a pescare le star; le altre devono scegliere strategie diverse, investire sul vivaio, fare accordi con altre squadre, sfruttare bacini locali distanti dal mercato del lavoro principale, e così via.
Cosa ci portiamo a casa da tutto questo?
Se i tuoi informatici hanno un’anzianità aziendale pluri decennale, cerca di capire se sono innamorati dell’azienda; se sono innamorati dell’impiegato/a dell’amministrazione; oppure se è tempo di formarli e riformarli, assumendoti il rischio che poi ti lascino una volta recuperato un livello professionale competitivo.
Fai un’ analisi dell’effettiva attrattività della tua azienda per lo staff tecnico. Hai una squadra da scudetto, oppure puoi aspirare a un’onorevole campionato in promozione? Quello che hai è adeguato alle sfide che ti attendono? Cosa fanno le altre altre squadre nel tuo girone?
Anzi, quest’analisi non farla tu, falla fare da un esperto esterno. Da una parte infatti potresti non avere le competenze tecniche necessarie, dall’altra non riuscirai mai a essere oggettivo, si sa che ogni scarrafone è bello mamma sua. E pagalo in anticipo, l’esperto, così avrà il coraggio di dirti le cose come stanno.Sulla base di questa “presa di realtà”, valuta tutte le possibilità; l’outsourcing della parte tecnica dell’azienda; accordi con università o società di consulenza; crescita del vivaio; etc.
Soprattutto, non sottovalutare questa cosa che sto per dire. Noi tutti tendiamo ad accontentarci di quello che siamo e quello che abbiamo; l’importante, nella vita, è piacere a sé stessi, e noi ci piacciamo molto. Ma qualunque cosa tu faccia per vivere, la competitività della tua azienda dipende dalla capacità tecnologica di gestire processi digitali e trarre valore dalle informazioni che ne scaturiscono. Purtroppo la mancanza di competenze tecnologiche nel management di linea è spesso imbarazzante, amministratori delegati e imprenditori compresi. In un mondo in cui la tecnologia è addirittura invasiva, come può sentirsi a proprio agio alla guida di un’azienda chi non riesce a configurare il client di posta elettronica sul proprio smartphone? Anche se riesce ad attrarre personale tecnico competitivo, non sarà in grado di gestirli, e passerà il tempo a farsi prendere per il naso da loro, come ho visto succedere troppe volte, a tutti i livelli.
Per approfondire: Another reason why developers are quitting: to escape from your bad code
Presto che è tardi
Credeteci o no, la password più diffusa al mondo è “123456”. La seconda più usata è … “password”! Date di nascita dei figli, nomi di cani e gatti, indirizzi di casa; molti poi utilizzano la stesa password per più servizi, infiltrato uno, infiltrati tutti. Per non parlare di quelli che allegramento cliccano a cactus sulle pubblicità di giochi, sondaggi, oroscopi etc. Ma certo, fate pure, non preoccupatevi, non succede niente, non vi infettano lo smartphone, figuratevi. Insomma, siamo convinti che gli hacker siano una banda di idioti, purtroppo non è così e a pensarlo forse gli sciocchini siamo noi.
Se avete coraggio abbastanza, iscrivetevi a questo servizio gestito da un “hacker buono”, che scandaglia il cyberspazio per trovare i dati personali frutto di furti, assalti e esfiltrazioni e messi in vendita sul dark web. Gli fornite indirizzo email o numero di telefono, lui vi dice quanto siete già stati esposti, e da quel momento vi tiene informati su cosa succede di bello. Prima però sedetevi e tenete a portata di mano una bottiglia di cordiale perché con ogni probabilità scoprirete cose che non vi piacciono.
Gli storici delle guerre insegnano che nell’eterna battaglia tra lo sviluppo delle armi di offesa e la ricerca dei mezzi di difesa, alla fine vince sempre chi attacca. Se è così, siamo come uno dei personaggi di Hemingway, combattiamo più per sostenere la nostra eroica dignità personale di fronte al fato cinico e spietato, che con la reale speranza di vincere. Primo o poi il ransomware colpirà anche noi, è solo questione di tempo.
In realtà ci sono molti strumenti per proteggersi, alcuni di questi (ad esempio i sistemi di autenticazione a due fattori) si stanno diffondendo rapidamente in quanto imposti dai servizi cui vogliamo accedere o dai device che vogliamo utilizzare.
Come sempre però, il problema si risolve con la testa, più che con gli strumenti tecnici. E il problema è questo, che normalmente prima si pianificano strutture, processi e procedure; poi si pensa come renderle sicure; in quest’ordine. E’ come se si costruisse una casa con criteri puramente estetici, per poi preoccuparsi di come renderla inaccessibile; chiaramente il fabbricato rimarrebbe strutturalmente fragile. La sicurezza invece deve essere “embedded”; bisogna pensarla quando si disegna tutto il resto, nel momento in cui lo si disegna, altrimenti sarà sempre un correttivo.
Fa capo a questo filone di pensiero lo “Zero trust security model” secondo cui un’architettura informatica viene disegnata ipotizzando che sia già stata infiltrata. Tutte le transazioni avvengono pensando di essere in un ambiente ostile. E’ come andare per strada convinti che tutte le persone che incontriamo vogliano picchiarci o toglierci il portafoglio. E’ una vita grama, lo so, ma questo è lo stato dell’arte nel grande spazio della rete. Piacerebbe a tutti vivere in un mondo migliore, dove certe minacce semplicemente non esistono, ma tant’è: prima prendiamo in mano i sistemi aziendali e li ripensiamo in termini di sicurezza, prima eviteremo danni sempre più ingenti.
Per approfondire: quando si tratta di scegliere la password, scegliamo male e come si difende la Formula 1.
E ora un po’ di musica
Abbiamo parlato dell’effetto delle tecnologie a economie di scala crescenti, rese accessibili grazie al digitale; l’effetto è che il primo in classifica diventa più forte ogni giorno che passa, fino a prendersi tutto. E abbiamo citato gli Abba, The Winner Takes It All, niente di meno; non posso dire di essere un loro fan, così come di tutto il c.d. easy listening, ma è sempre un piacere riascoltarli.
The winner takes it all, The loser has to fall, It's simple and it's plain, Why should I complain? Non è Shakespeare, e neanche Dylan, ma rende l’idea e ci ricorda di provare a mettere un po’ di esponenzialità nella nostra vita.