Lo stregone dei dati - The data warlock #010
La newsletter dedicata al rapporto tra dati, informazioni e tecnologie trasformative. Per gestire l'azienda come una "data & technology company".
“Nello sport si vince senza uccidere, in guerra si uccide senza vincere.”
Shimon Peres
Benvenuto alla newsletter de Lo Stregone dei dati. Seguimi in questo viaggio alla ricerca del tesoro nascosto della competitività di impresa. Saranno necessari molti incantesimi per superare le prove disseminate lungo il percorso, ma non temere: quelli che sembrano sortilegi in realtà sono il risultato dell’applicazione delle tecnologie digitali all’universo di dati che ci circonda.
Il mondo, in fondo, è un’informazione, e questa è la chiave per viverci e prosperare.
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VAR sì, VAR no?
Gli appassionati di futbòl sanno di cosa sto parlando. Il VAR (Video Assistant Referee), croce e delizia delle discussioni da bar e da social network. Doveva risolvere i problemi legati alle valutazioni arbitrali e eliminare le relative polemiche, in realtà se possibile è andata peggio; ma questo è il calcio.
Pensate se, in un futuro non lontano, la partita fosse diretta da un robot. No, non pensate alla presenza di androidi in campo, terminator con occhi rossi e giacchetta arbitrale, braccia metalliche che portano alla bocca (per così dire) il fischietto e alzano i cartellini; piuttosto un implacabile, preciso sistema di sensori e telecamere che segnala falli, fuorigioco, rigori, rimesse in campo ai giocatori e agli spettatori, tramite indicazioni audio e video. Niente errori, niente proteste, niente insulti alle madri degli arbitri.
E’ questo il futuro dello sport?
Sensori sensibili
Il calcio già conosce da tempo la Goal Line Technology (GLT per gli amici), un aggeggio che è in grado di confermare con precisione scientifica se la palla ha effettivamente passato la linea di porta.
La GLT utilizza 14 telecamere, posizionate strategicamente, che inviano i dati a un cluster di computer (cioè non ne basta uno, ce ne vogliono diversi per permettere l’elaborazione dei dati in tempo più-che-reale), che utilizzano algoritmi avanzati per l’elaborazione dell’immagine in modo da:
riconoscere l’oggetto “palla”
distinguerlo da altri oggetti che interferiscono, quali la scarpa di un giocatore
confermare lo score: sì è gol; no la palla era fuori.
Telecamere dunque; ma non telecamere qualsiasi, ci vogliono le High Speed Cameras (HSP per gli amici), che scattano un numero di fotogrammi tale da potere catturare un’immagine con un’esposizione anche inferiore a un millesimo di secondo. Una frequenza minore (cioè meno fotogrammi per secondo) non permetterebbe di catturare l’attimo irripetibile in cui la palla ha attraversato o meno la linea di porta prima di essere respinta dal difensore.
Le HSP vengono utilizzate per certificare i gol, ma anche per scomporre il gesto atletico di un agonista.
Pensate a un atleta professionista che corre i 110 metri ostacoli, alla ricerca di quei decimi o millesimi di secondo che fanno la differenza tra una medaglia olimpica e l’eliminazione nelle batterie. In sede di allenamento le HSC posizionate su diverse angolazioni permettono di registrare il modo e la velocità in cui il piede si appoggia, la dinamica con cui lo stesso piede fornisce la spinta e si rialza da terra, la distanza dell’appoggio rispetto all’ostacolo, e così via. Angoli, seni e coseni, spinte e controspinte, distanze e vicinanze. Il tutto viene rivisto dall’atleta e dal team tecnico, che poi lavorano per modificare il gesto anche di pochi centimetri, in modo da ottimizzare l’azione dello sportivo. Sensori → dati → comprensione → cambiamento.
Ci pensarono per primi gli australiani reduci dalla vergogna dei giochi olimpici del 1976 a Montreal, trentaduesimi nel medagliere, una vergogna per un paese che fa dello sport una questione di identità nazionale. Reagirono in molti modi tra cui il massiccio impiego della tecnologia in centri specializzati e dotati di attrezzature di avanguardia.
Da allora questo approccio è diventato di pubblico dominio. Giocate a basket? Potete provate gratuitamente la app “Home Court”. Il vostro smartphone vi riprende, il sistema di AI elabora e vi rende una serie di suggerimenti per migliorare stacco, tiro, dinamica sul campo e così via. Se siete veramente bravi, potete anche staccare un mega giolli: attraverso Home Court gli scout dell’NBA ricevono le segnalazioni sui giocatori migliori, perle nascoste in qualche risvolto nel mondo, ma raggiungibili attraverso la capacità del sistema di cogliere l’eccellenza nel gesto atletico.
Evviva le telecamere dunque. Ma lo sport vive ormai anche di device indossabili e altri sensori che seguono e misurano tutto quello che succede sul campo da gioco oppure in palestra, nelle sedute di allenamento, comprese le ore di sonno e l’alimentazione.
Human Pose Estimation
Date un’occhiata al filmato qui sotto, per capire con quanta facilità è possibile addestrare il computer a riconoscere una forma complessa all’interno di un video. Il sistema impara a riconoscere un oggetto, ad esempio una parte del corpo, per poi seguirlo in un filmato mentre si muove, muta forma e cambia posizione nello spazio.
Questa formula, utilizzata in molti sistemi di analisi della performance sportiva, è paradigmatica.
Una volta formato un collegamento tra la realtà (l’oggetto nello spazio e nel tempo) e la capacità del computer di rappresentarla, è possibile attivare un duplice interscambio:
da una parte trasformare il comportamento dell’oggetto (ad esempio, appunto, il suo movimento) in dati che alimentano statistiche, ragionamenti, algoritmi
dall’altra “appendere” all’oggetto così rappresentato altri dati, provenienti da altre fonti, per costruire dei layer di realtà aumentata e virtuale.
Nota bene. Il primo passo è la “cattura” dell’evento fisico; il secondo è la sua modellizzazione in modo che possa essere seguito e tracciato dal computer; il terzo è la trasformazione del tutto in dati. Torrenti di dati, fiumi di dati, che possono poi essere elaborati dai celeberrimi algoritmi, scatenando tutta la potenza dell’intelligenza artificiale.
Tutto sommato non è nulla di nuovo dall’approccio cartesiano analisi + sintesi che ha condotto alla creazione del celeberrimo sistema delle assi appunto cartesiane. Trovo un modo di rappresentare l’oggetto in termini numerici, lo descrivo, lo analizzo, la controllo.
Sport e AI, pane e salame
Le applicazioni dell’AI nello sport sono molteplici e importanti. E’ un campo maturo, ben coltivato e che fornisce raccolti abbondanti. Certamente molto altro resta ancora da fare, intanto si lavora alacremente su:
Diete e programmi di allenamento personalizzati (ormai peraltro disponibili anche su app di fascia consumer). L’AI utilizza il machine learning per personalizzare un piano specifico, che tenga contro delle caratteristiche, degli obiettivi, delle esigenze e delle situazioni contingenti (domani si gioca o è giorno di riposo?) di un atleta.
Nelle applicazioni professionali tutti i parametri dell’atleta (compresi quelli che richiedono esami medici quali le analisi del sangue) vengono registrati con cadenza almeno giornaliera e dati in pasto al sistema che su quella base decide dell’alimentazione, dei carichi di lavoro e così via. Dopo di che misura i risultati e riprende il ciclo di machine learning.
Ciliegina sulla torta, app come FoodVisor fotografano un piatto per calcolare automaticamente grassi, carboidrati, proteine, carico calorico e così via; stimano le quantità effettive e alimentano il sistema.Scommesse e previsioni (vedi Lo Stregone dei Dati #008)
Scelta delle formazioni e segnalazione di talenti per fini di scouting.
Su questo argomento vado via facile e consiglio caldamente la visione dell’avvincente film “L’arte di vincere” (Moneyball, 2011) due candidature all’Oscar per Brad Pitt e Jonah Hill: la storia vera di come l’analisi statistica abbia rivoluzionato i criteri di scelta del roster nel Baseball professionistico americano, affiancandosi ma anche sostituendo, almeno parzialmente, i criteri tradizionali quali l’”intuito” e l’”esperienza” degli scout.
Il punto del film è che:la statistica aiuta ad andare oltre l’ovvio, trovando spazi enormi dove “intuito” e “esperienza” si arrendevano di fronte alle barriere dell’ovvio
non ha senso avere come unico parametro la qualità generica dell’atleta, all’interno di una squadra (o di un reparto aziendale, di un problema) occorre piuttosto considerare le qualità specifiche che sono funzionali al risultato complessivo.
E’ la strategia che ha permesso a AlphaGo di battere Lee Sedol, ma su questo torneremo.C’è voluto qualcuno che ci credesse, in questo caso il coach Billy Beane, e poi nulla è stato più come prima.
Verifica e costante miglioramento dei gesti atletici e più in generale della performance del singolo (vedi l’esempio dei 110 metri ostacoli).
Verifica e costante miglioramento della performance del team. Sensori intelligenti tracciano il movimento sul campo dei vari giocatori; sistemi di AI forniscono statistiche, rispondono a domande, analizzano (machine learning) cosa funziona e cosa no, forniscono suggerimenti specifici e personalizzati. Siccome si tratta di machine learning, analizzano come è andata a finire e imparano da cosa ha funzionato e cosa no, tendendo alla massima efficacia.
Automated journalism. Il lunedì mattina i quotidiani sportivi pubblicavano i tabellini delle serie minori e dei campionati giovanili per la gioia, l’orgoglio e le forbici di mamme e papà. Da studente passavo la domenica sera nel palazzo dell’informazione di Piazza Cavour a Milano, a compilare le cosiddette “brevi” battute dal telex delle agenzie nella redazione sportiva di un noto quotidiano. Ora tutto questo lo fa il computer, scrivendo automaticamente il pezzo corrispondente, con puntualità, precisione, economicità, e quei commenti inoffensivi che corredano il tutto.
(aspettate a gridare alla macchina che sostituisce il lavoro umano: secondo voi mi hanno mai pagato? Solo promesse …)Questo però è solo un modo di fare automated journalism sportivo, ed è il più semplice.
Ad esempio, per quanto riguarda la TV, sistemi AI driven comandano le telecamere, riconoscendo l’angolo più adatto per la ripresa, decidendo quando è il caso di favorire un primo piano, aggiungendo sottotitoli rilevanti e magari decidendo anche quando è il momento di mandare la pubblicità.Smart contract legati agli accordi di sponsorizzazione. Queste forme automatizzate misurano in tempo reale l’esposizione del logo, la correlano all’audience e ai prezzi medi pubblicitari, adeguano il compenso relativo e procedono senz’altro al pagamento.
etc.
Take away: sport e azienda
Cosa portiamo a casa di tutto questo?
Lo sport è un ambito incredibilmente competitivo che da sempre acquisisce modelli dal mondo aziendale e restituisce pratiche e strumenti vincenti.
Ci sono dunque molti aspetti su cui si può riflettere per mutuare un certo approccio, ne indico tre tra i tanti.
Abbiamo parlato prima del paradigma della modellizzazione.
Quello che occorre fare è prima di tutto creare un legame tra mondo fisico e computer, modellando il secondo sul primo (mai il contrario, per favore, come tendono a fare gli informatici), dando al computer la possibilità di seguire il mondo fisico nella sua evoluzione; poi bisogna stabilire un flusso di dati reciproco; su quella base, si imparano cose sulla realtà e si potenzia la realtà stessa con uno strato di dati che la impreziosisce.
Si può fare con il movimento degli arti e dei volti; è possibile, piuttosto semplice e ormai usuale applicarlo al mondo delle macchine e della logistica (questo in fondo è lo sfondo su cui opera l’IoT); si può fare anche per il mondo dei servizi, dei processi aziendali e dei comportamenti organizzativi. Posso modellare e tracciare l’azione dei miei commerciali; il comportamento del cliente rispetto ai miei prodotti e servizi; il movimento del personale all’interno delle strutture di vendita; e così via.Il mondo dei supporti alla decisione intelligenti e basati sui dati è ormai scontato, parlo di Business Intelligence e simili. Si raccolgono dei dati e li si elabora con qualche strumento statistico per appoggiare le scelte aziendali, ad esempio il pricing o la gestione delle scorte a magazzino.
Questo però è un approccio “una tantum”, verticistico e caratterizzato da una frequenza periodica, se non per opportunità.
E’ possibile piuttosto “mettere in campo” un arbitro virtuale che segue il “gioco” e prende micro decisioni per accompagnarlo verso un comportamento corretto: uno strumento decisionale “embedded” nei processi aziendali.E’ assolutamente possibile sviluppare un sistema di verifica e miglioramento della performance individuale che raccolga i parametri relativi a comportamento e prestazione, ne analizzi l’impatto sui risultati, e poi dia vita a un ciclo di apprendimento costante, guidato da algoritmi ben noti. Come detto, nello sport è pratica ben nota, che non riguarda più i soli professionisti ma è largamente accessibile e utilizzato anche da molti che attraverso le app intelligenti sorvegliano e stimolano la propria pratica sportiva, in palestra o nel running.
So che sembra invasivo, ma se lo fanno gli atleti, che sono poi i semidei dell’immaginario collettivo del postmoderno; se lo facciamo noi stessi con l’obiettivo di non ingrassare troppo; non possiamo proprio pensare a applicazioni in ambiente aziendale?
Per approfondire
7 Game-Changing AI Applications in the Sports Industry
Advancing sports analytics through AI
Feeling good: The future of the $1.5 trillion wellness market
E ora un po’ di musica
Per ricordarsi che non tutto è macchine e numeri, che algoritmi e sistemi sono rappresentazioni della realtà e non sono certo la realtà stessa, lasciamo spazio al maestro e ricordiamo i tempi in cui lo sport era solo forza, sudore, fatica, tramonti in arancione e stradoni impolverati. E al cinema vacci tu.
E tramonta questo giorno in arancione
E si gonfia di ricordi che non sai
Mi piace restar qui sullo stradone
Impolverato, se tu vuoi andare, vaiE vai che io sto qui e aspetto Bartali
Scalpitando sui miei sandali
Da quella curva spunterà
Quel naso triste da italiano allegro