Lo stregone dei dati - Christmas edition
La newsletter dedicata al rapporto tra dati, informazioni e tecnologie trasformative. Per gestire l'azienda come una "data & technology company".
Ho iniziato a lavorare il 2 maggio 1988, quaranta giorni dopo la laurea. Da allora la mia vita professionale è stata vissuta sotto il segno dell’obbiettivo. Budget, target, traguardi, scorecard, KPIs e via dicendo, le stelle polari che orientavano il mio cammino erano tutte preferenzialmente, se non esclusivamente espresse in termini numerici, quantitativi.
La conseguenza immediata e diretta è stata la subordinazione del tempo ai suddetti obiettivi. Nei momenti migliori, o peggiori, della mia folgorante carriera di Stregone, il “mio” tempo è stato soggetto a una compartimentazione spinta, fino a tenderlo per moltiplicarlo, due riunioni in simultanea, telefonate gestite contemporaneamente a lettura/scrittura di email, pensare sempre all’impegno successivo, un improbabile gatto di Schroedinger chiuso in un ufficio invece che in una scatola d’acciaio.
«Si possono anche costruire casi del tutto burleschi. Si rinchiuda un gatto in una scatola d'acciaio insieme alla seguente macchina infernale (che occorre proteggere dalla possibilità d'essere afferrata direttamente dal gatto): in un contatore Geiger si trova una minuscola porzione di sostanza radioattiva, così poca che nel corso di un'ora forse uno dei suoi atomi si disintegrerà, ma anche, in modo parimenti probabile, nessuno; se l'evento si verifica il contatore lo segnala e aziona un relais di un martelletto che rompe una fiala con del cianuro. Dopo avere lasciato indisturbato questo intero sistema per un'ora, si direbbe che il gatto è ancora vivo se nel frattempo nessun atomo si fosse disintegrato, mentre la prima disintegrazione atomica lo avrebbe avvelenato. La funzione dell'intero sistema porta ad affermare che in essa il gatto vivo e il gatto morto non sono degli stati puri, ma miscelati con uguale peso.”
Viva il profit margin, viva il Customer Satisfaction Index, e mi raccomando, la linea di qualunque grafico deve sempre andare verso destra e verso l’alto. Come diceva un mio capo, ci sono due tipi di persone: quelle che non hanno fatto i numeri e si devono affannare a spiegare il perché; e quelli che li hanno fatti, e non devono spiegare niente a nessuno.
Questa propensione alla vita misurata in numeri è tracimata, sia pur parzialmente, nella vita personale. Negli anni mi sono ritrovato a misurare il numero dei passi fatti in una giornata; velocità, cadenza, ampiezza del passo, distanza percorsa, battito cardiaco, assorbimento del CO2 quando vado a correre (più jogging che running, ma insomma); durata e qualità del sonno; calorie assunte per pasto, con indicazione di proteine, vitamine, grassi saturi e polinsaturi e tutto il resto; bicchieri di acqua bevuti (quelli di vino preferisco non misurarli); tempo speso sui diversi progetti lavorativi e personali, al minuto …
Mercoledì scorso dovevo andare a Roma. Mi sono svegliato molto prima dell'alba, ho lasciato l’auto in un parcheggio esterno e ho preso la metropolitana fino in Stazione Centrale. Per una volta, in questa fase più consapevole della mia carriera, ho tenuto il cellulare nella tasca della giacca, ho osservato le persone e fatta mente locale.
(a proposito, un’altra cosa che misuro quando uso la metropolitana è il tempo di percorrenza tra le varie stazioni, per elaborare un qualche indice previsionale relativo al tempo totale di percorrenza e vedere se mi riesce di batterlo sulla destinazione finale)
Quello che è successo in questi anni è che la tensione verso il risultato, nume tutelare delle “aziende modernamente organizzate”, ha trovato un alleato di ferro nella digitalizzazione.
Digitalizzare la vita significa trasformarla in numeri (digit significa numero, appunto). Una volta elaborato un modello numerico di un fenomeno analogico posso misurarlo e trasformarlo in numeri. Dopodiché posso controllarlo. Misuro, definisco degli obiettivi, misuro di nuovo, analizzo gli scostamenti, impartisco dei correttivi, misuro di nuovo: già, il controllo sulla vita stessa, l'ossessione perenne, la grande tentazione del potere.
Ma mangiare è cosa diversa dal conteggio di calorie, grassi saturi e polinsaturi. Una corsa al parco non è solo il numero dei passi, frequenza, cadenza, velocità, distanza. Un’esperienza di lavoro è intessuta di dignità e relazioni. La foto più bella rimane giusto il pallido riflesso dell’alba che vorrebbe ritrarre. I trend dei motori di ricerca non raccontano fino in fondo le nostre passione ed interessi. Le reti sociali bestemmiano il nome di “amico” e riducono il piacere a una minuscola scarica di endorfine. E una persona è molto di più di un cluster socio demografico.
Non rimpiango nulla e resto convinto e appassionato assertore di tutto il bene che ci possono portare le moderne tecnologie dell’informazione. Né voglio concludere con uno di quei pedanti e stantii inviti a spegnere ogni tanto il cellulare.
Voglio solo ricordarmi, nell’anno che verrà, che c’è una differenza sostanziale ed enorme tra la rappresentazione digitale di qualcosa, e quella cosa. Non confondiamoci, sarebbe l’ultimo tragico errore della vita post moderna.
Buon Natale dal vostro Stregone.
"Questa non è una pipa" direbbe Magritte (https://en.wikipedia.org/wiki/The_Treachery_of_Images) ;-) Buone Feste!