Lo Stregone dei Dati #038
La newsletter dedicata al rapporto tra dati, tecnologia, aziende e persone.
«Non dalle ricchezze ma dalla virtù nasce la bellezza»
Socrate
Benvenuto alla newsletter de Lo Stregone dei Dati. Seguimi in questo viaggio alla ricerca del tesoro nascosto del successo personale e di impresa. Saranno necessari molti incantesimi per superare le prove disseminate lungo il percorso, ma non temere: quelli che sembrano sortilegi in realtà sono il risultato dell’applicazione delle tecnologie digitali all’universo di dati che ci circonda.
Ragazzi, fa un caldo porco, siamo tutti stanchi alla fine dell’anno scolastico e l’ultima botta alla motivazione me l’ha data la call di stamattina con un europeo del nord in procinto di partire per 6 (sei) settimane di vacanze. Alla faccia degli italiani che fanno troppe ferie.
Ma di cosa stiamo parlando?!? Ultimo numero dello Stregone, ci si rilegge a settembre, quando saremo tutti riposati, abbronzati, belli e soprattutto meno accaldati.
Prompt-based development
Lo spunto per questo post viene dalla newsletter di Andrew NG, NGenio assoluto (LOL) dell’AI.
“Lo sviluppo basato su prompt sta velocizzando molto il ciclo di sviluppo del machine learning: i progetti che prima richiedevano mesi ora possono richiedere giorni. (…) questo rapido sviluppo sta portando gli sviluppatori a eliminare i set di test. La velocità dello sviluppo basato sul prompt sta inoltre modificando il processo di definizione dell'ambito dei progetti. Al posto di un'attenta pianificazione, è sempre più fattibile lanciare molti progetti contro il muro per vedere cosa si attacca, perché ogni lancio è poco costoso. (…) Il basso costo di provare un'idea significa anche che i team possono provare molte più idee in parallelo. Trovo questo flusso di lavoro entusiasmante perché, oltre ad aumentare la velocità di iterazione per i singoli progetti, aumenta notevolmente il volume di idee che possiamo provare.”
Caro Andrew, sicuro ci sia proprio da essere entusiasti? Non ci hanno insegnato di meglio all’accademia per stregoni?
L’economia dell’abbondanza
Il ragionamento, apparentemente, fila. Invece di programmare un sistema alla vecchia maniera, cosa che richiede settimane o mesi di lavoro, chiedo di farlo alla AI generativa, che ci impiega poche ore, revisione umana compresa. A quel punto posso esplorare tutte le ipotesi sul tavolo, varianti e idee laterali. Dopo di che è facile selezionare quello che funziona meglio, evitando false piste e delusioni.
Come dire: invece di scegliere i piatti dal menu del ristorante, li assaggio tutti così potrò accertarmi di quello che effettivamente voglio mangiare. Invece di decidere quale musica ascoltare in un’ora che mi trovo a disposizione, sento i primi secondi di qualche centinaio di brani e avrò ancora a disposizione tempo sufficiente per ascoltare quello che voglio. Invece di stabilire subito su quale spiaggia voglio rosolarmi ad agosto, uso il teletrasporto per passare 10 minuti in tanti posti diversi e poi opziono il chiringuito con il miglior mojito.
Dopo tutto sono anni che si parla di economia dell’abbondanza; e “Free” di Chris Anderson è un libro del 2009. Dopo millenni passati a regolare la scarsità, la specie umana si trova a gestire un mondo in cui c’è tantissimo di tutto. Ma tanto tanto, molto più di quanto potremo mai consumare, utilizzare o conoscere. Certo, si dovranno inventare nuove regole per gestire l’assoluta affluenza, ma come si fa a considerarla una cattiva notizia?
Elogio della qualità
Eppure Einstein diceva “Io amo viaggiare, odio arrivare”. Memore forse di T.S.Eliot “Quello che conta è il percorso del viaggio e non l'arrivo”. Che fa eco a Proust “La scoperta non consiste nel cercare nuovi posti ma nel vedere con occhi diversi”. Forse la più bella è di R.L.Stevenson “Io viaggio non per andare da qualche parte, ma per andare. Viaggio per viaggiare. La gran cosa è muoversi, sentire più acutamente il prurito della nostra vita, scendere da questo letto di piume della civiltà e sentirsi sotto i piedi il granito del globo.” Ci benedice anche Madre Teresa “La felicità è un percorso, non una destinazione”.
Avranno mica tutti torto? Dopo tutto, perché mai qualcuno dovrebbe decidere di intraprendere il cammino di Santiago (lo fanno circa duecentomila persone all’anno)? Cosa c’è di così utile o interessante o affascinante nel camminare per settimane per valli, dirupi e montagne, dormendo in camerate comuni e mangiando nei refettori dei monasteri? Non è meglio volare comodamente da Tolosa a La Coruña in poche ore, dopo di che 5 stelle lusso, paella, sangria, taaac …
Elogio della qualità
Pochi giorni fa il numero delle canzoni nel mondo è raddoppiato. Ce lo annuncia Ted Gioia, un altro mio mito personale.
E’ successo che una startup nel settore della AI applicata alla musica, che non cito per decenza, ha costruito un motore in grado di rilasciare un numero di pezzi pari a tutto quanto pubblicato ad oggi su Spotify (cento milioni circa). Anche qui, pronti, cotti e mangiati, taaac…
E’ una buona notizia? Non certo per la musica. Finora tutto quello che ho ascoltato nel campo della musica generata dal computer è di pessima qualità, e un miliardo di canzonacce sgangherate non varranno mai i quattro minuti e trentaquattro secondi del capolavoro che riporto in calce. Vale anche per il codice?
Elogio della scarsità
Non voglio certo fare ragionamenti sciocchi del tipo si-stava-meglio-quando-si-stava peggio ovvero i-soldi-non danno-la-felicità.
Ci mancherebbe, gli incrementi alla produttività producono ricadute positive, maggiore possibilità di scelta, sistemi più intelligenti e performanti, benessere e ricchezza, pur se solo in senso quantitativo, ma bisogna pure mangiare, magari merendine confezionate, ma anche quelle riempiono lo stomaco.
E poi, provi gusto a percorrere a piedi il Cammino, piuttosto che l’Alta Via delle Dolomiti o più semplicemente il lungomare dove vai in vacanza? Accomodati, ma non mette certo conto mettere in dubbio i vantaggi dei mezzi di locomozione moderna.
Ci sono però delle ottime ragioni per cui l’abbondanza va gestita, se non vogliamo che torni indietro come un boomerang e si trasformi in un danno.
Se ascolto dimentico, se vedo ricordo, se faccio imparo. Se non sono più “io” a costruire, ma “il sistema”, dopo un po’ non comprendo più nulla. Non imparo più nulla. Fruitore, condannata a vita al ruolo di consumatore passivo. E l’abbiamo toccata piano.
Se fa tutto “il sistema”, perdo la capacità di entrare dentro le cose. Come i meccanici di oggi che non riparano più nulla, sostituiscono. Il rapporto con le cose diventa di semplice utilizzo, passivo, non consapevole e dipendente. Non assaporo più, ingoio. Non ascolto più, sento. Mantengo le funzioni vitali e una parvenza fugace di quelle alte dell’intelletto.
Cosa vuol dire “la soluzione migliore”? Come posso identificare i parametri stessi che definiscono il successo, se di quanto succede ho una visione ex post? E’ solo stando dentro le cose che comprendo le implicazioni delle scelte, quello che è sano o malato, quello che è ingiusto o vessatorio, quello che è efficace o illusorio.
Addio alla serendipity, l’arte di trovare quello che non stavo cercando. A domanda risposta, e non vedrò l’elefante che mi sfiora attraversando la stanza.
Non dimentichiamo gli outlier, quello che non si conforma, il caso strano. “Caro Watson, ti ho già spiegato che ciò che è fuori dal comune di solito è una guida piuttosto che un ostacolo”. Vivere significa cogliere le increspature nell’onda, le pause nel silenzio.
Rischiamo di perdere la capacità di sviluppare un pensiero analitico, invece che deduttivo. Di nuovo Sherlock: “Nel risolvere un problema di questo tipo, la cosa grandiosa è essere in grado di ragionare all'indietro. Questo è un risultato molto utile e molto facile, ma le persone non lo praticano molto. Nelle faccende quotidiane della vita è più utile ragionare in avanti, e così l'altro finisce per essere trascurato. Ce ne sono cinquanta che possono ragionare sinteticamente per uno che può ragionare analiticamente”.
Auguro buone vacanze a tutti quelli che mi onorano del tempo speso a leggere queste righe. La vacanza è una pausa, e questo deve essere. Impieghiamola a rincorrere l’irregolare, quello che non si conforma, i rumori tenui, il silenzio nelle canzoni, quell’inesprimibile sfumatura nella voce di chi ci parla. Per dirla con Sergio Endrigo, le altre emozioni.
E ora un po’ di musica
Nel novantesimo anniversario dalla nascita, un tributo sentito alla meraviglia, a quello che non entra negli algoritmi, alla bellezza nascosta nelle crepe tra le pietre. Spostate la sdraio all’ombra, mettete giù il cruciverba, indossate le cuffiette.
E siamo arrivati fin qui
Un po' stanchi e affamati di poesia
Le mani piene di amore
Che non vuole andare via
Abbiamo vissuto e fatto figli
Piantato alberi e bandiere
Scritto mille e più canzoni
Forse belle, forse inutili
Altre emozioni verranno
Te lo prometto, amica mia