Lo Stregone dei Dati #032
La newsletter dedicata al rapporto tra dati, tecnologia e gestione aziendale. Per sviluppare l'azienda come una "data & technology company".
Stiamo diventando una cultura di scrittori e non una cultura di lettori.
(Milan Kundera, Il libro del riso e dell’oblio)
Benvenuto alla newsletter de Lo Stregone dei Dati. Seguimi in questo viaggio alla ricerca del tesoro nascosto della competitività di impresa. Saranno necessari molti incantesimi per superare le prove disseminate lungo il percorso, ma non temere: quelli che sembrano sortilegi in realtà sono il risultato dell’applicazione delle tecnologie digitali all’universo di dati che ci circonda.
All’ennesimo articolo su Chat GPT non ce l’ho fatta più. Quello che segue è scritto rigorosamente da me.
Parliamo, parliamo, parliamo, senza mai ascoltare. Sfogliamo i contenuti altrui non con lo sguardo o il cervello, ma con il pollice. Se anche notiamo qualcosa di interessante con la coda dell’occhio, lo stimolo di un momento viene rilanciato tramite un like che ci esenta dal fermarci ad ascoltare sul serio, per comprendere e accettare che la parola altrui possa interpellarci e modificarci.
Si moltiplicano le piattaforme, compreso quella su cui scrivo ora, con la promessa di aprirci a nuove audience, facendo finta di ignorare che l’audience quella è, non è che si possano moltiplicare gli abitanti del pianeta. Contiamo follower e subscriber, una manciata in più rende il nostro giorno più felice. Perdiamo tempo prezioso a esplorare arti arcane, tipo la “ottimizzazione dei motori di ricerca”, che ci costringe a tecniche di scrittura singolari, totalmente avulse dal contenuto e dalla sua qualità. Leggiamo ogni giorno la lista degli argomenti più popolari per attaccarci il nostro ex voto, sperando che venga notato dalla folla durante la processione. Non è scrittura, men che meno letteratura: è propaganda.
Ogni giorno vengono pubblicate su Spotify sessantamila nuove canzoni, una ogni 1,4 secondi, 22 milioni in un anno, ogni autore sperando di venire incluso in una playlist. Sapete cosa vuol dire questo? Che il meccanismo dell’inclusione (o dell’esclusione) è totalmente casuale, non ha nulla a che fare con il merito di quelle canzoni. Funziona così: l’algoritmo segnala al pubblico quello che più probabilmente piacerà, secondo un suo privato ragionamento che nessuno può condividere; il pubblico ascolta quanto proposto dall’algoritmo nell’ipotesi che corrisponda a quello che gli piacerà; l’algoritmo si bea del fatto che il pubblico ascolti quello che gli piace e gliene da di più, sempre di più. Criceti sulla ruota. Salvo poi leggere i post di chi è diventato virale, se ne stupisce (giusto) e si domanda quale virtù lui possegga, sconosciuta a sé stesso (sbagliato).
Stesso meccanismo per i video; i film; i post social; le pubblicità; le notizie.
Di recente ho iniziato a ignorare totalmente i meccanismi di recommendation. Per i film, ad esempio, scelgo una parola a caso e provo a cercare tutti i titoli che la contengono. Non avete idea della varietà e della bellezza del mondo là fuori, oltre i confini dell’algoritmo, negli spazi profondi della nostra avventura.
E poi la ciliegiona sulla tortona; questi nuovi sistemi di “intelligenza artificiale generativa” che ci consentono di moltiplicare all’infinito le cose che escono dalla nostra tastiera. Praticamente basta raccontare loro quattro cazzate (si chiama “prompt” e anche lì c’è tutta una tecnica che si sta sviluppando per ricevere risposte corrette a domande sbagliate) e loro ci sputano fuori alla velocità della fibra ottica poesie, trattati, programmi, novelle, romanzi, e quant’altro. La qualità è quella che è e non ci si può assolutamente fidare di quello che ci raccontano, che nella migliore delle ipotesi è una rimasticatura di quanto già scritto e detto negli ultimi anni; ma quando c’è la quantità la tentazione è di fregarsene della qualità. Dopo tutto, a sentire gli psicanalisti, ci siamo passati tutti, si chiama fase anale, in cui ci compiacciamo di qualunque cosa esca dai nostri orifizi.
In tutto questo baillame la considerazione della proprietà intellettuale se ne è andata a carte quarant’otto, a furia di tirare l’elastico si è rotto. Ha poco senso anche parlarne, in questo mondo di contenuti frutto delle infinite permutazioni di cose già scritte, viste, sentite. La clamorosa conseguenza è che se qualcuno poi compie un atto effettivamente creativo e originale non potrà contare su alcuna tutela. Se oggi, per dire, tale Botticelli Sandro dipingesse su tela di lino un quadro straordinario, innovativo, geniale, provocante, la sintesi del pensiero artistico, filosofico, storico, religioso di un’era che tra l’altro è una delle più gloriose della razza umana, il Rinascimento italiano; un quadro, dicevo, che rappresenta la nascita di Venere dalle acque come sintesi di vasti piani di significato, tra cui il sublime tentativo di rappresentare l’essenza della bellezza femminile; se il Botticelli Sandro riuscisse in un’impresa simile, e alla fine si inginocchiasse per contemplare il fulgore creativo della sua opera; se tutto ciò succedesse oggi, finirebbe che … beh, lo sappiamo come finisce, una squinzetta a vendere sole, spiagge e carbonara.
Giovanni Salvatore Satta nasce a Nuoro nel 1902. Giurista di vaglia, docente universitario, muore a Roma nel 1970. Dopo la sua morte i familiari rovistano tra le sue carte e scoprono il dattiloscritto di un romanzo, Il giorno del giudizio. E’ un libro stupendo, profondo, scritto con insuperabile maestria, in alcuni tratti commovente, sempre arguto e importante. Dopo una vita spesa a discettare di procedura civile, viene fuori che il Satta era uno scrittore al livello dei classici della letteratura. Nove anni dopo la sua morte il libro viene pubblicato da Adelphi e diventa una ricchezza per tutti quelli che lo hanno letto.
Quanti Giovanni Salvatore Satta esistono? Quali algoritmi sono in grado di riconoscere il genio, come Beethoven fece con Bach, anche in questo caso strappandolo all’indifferenza e all’oblio? Quanti capolavori sono sepolti tra i 60.000 brani pubblicati ogni giorno? Quanti pensieri importanti, meritevoli di riflessione, occultati dall’alluvione di foto e video brevi di sole, spiagge, e carbonara?