Lo stregone dei dati #029
La newsletter dedicata al rapporto tra dati, tecnologia e gestione aziendale. Per sviluppare l'azienda come una "data & technology company".
Di tutti i possibili cammini che un raggio di luce può percorrere per andare da un punto a un altro, esso segue il cammino che richiede il tempo più breve.
(Pierre de Fermat)
Benvenuto alla newsletter de Lo Stregone dei Dati. Seguimi in questo viaggio alla ricerca del tesoro nascosto della competitività di impresa. Saranno necessari molti incantesimi per superare le prove disseminate lungo il percorso, ma non temere: quelli che sembrano sortilegi in realtà sono il risultato dell’applicazione delle tecnologie digitali all’universo di dati che ci circonda.
Ve la spiego come l’ho capita io.
Siamo al mare in una bella giornata di luglio. Fa caldo. Mi avvicino all’acqua, che oggi è particolarmente trasparente perché sono arrivato presto in spiaggia e la sabbia è ancora ferma sul fondo. Posso perciò osservare conchiglie, ciottoli e tutto il resto. Posso perché mi aiuta la luce, con i raggi che attraversano l’aria, penetrano l’acqua e si rifrangono, eccitando le cellulare nervose del mio apparato visivo che le trasforma in un’immagine nella mia mente.
I raggi dunque prima attraversano l’aria e poi attraversano l’acqua. Non essendo matematico, mi godo la vista, mi rilasso, penso a quello che ho mangiato a colazione e a cosa mangerò a pranzo. Fossi matematico invece farei altre considerazioni.
Altre considerazioni in effetti fece Pierre de Fermat, uno che si occupava di calcolo differenziale, teoria dei numeri, geometria analitica e teoria delle probabilità, tanta roba. Guarda l’acqua oggi, guarda l’acqua domani, concepì il teorema che ho riportato nella citazione iniziale. “Di tutti i possibili cammini che un raggio di luce può percorrere per andare da un punto a un altro, esso segue il cammino che richiede il tempo più breve”.
Il tempo più breve
Attenzione: non il percorso più corto, ma il percorso che richiede il tempo più breve. Già, ma come fa il raggio a sapere qual è il percorso che richiede il tempo più breve? Un raggio che passa prima dall’aria e poi dall’acqua si fletterà al punto del suo ingresso nell’acqua. Ma come fa a saperlo prima? Voglio dire come fa a sapere prima qual è il raggio a cui flettersi per minimizzare il tempo da percorrere per raggiungere un certo punto?
Come fa il raggio a sapere che deve colpire l’acqua un po’ più in qua, piuttosto che un po’ più in là, e poi deviare a un certo raggio, invece che a un raggio diverso?
Se ne deduce che il raggio non si comporta in base al modo in cui è stato originato, tipo prosegue per una certa traiettoria fino a colpire quello che c’è alla fine di quella traiettoria; e poi si rifrange. Piuttosto, il raggio sa prima qual è il modo migliore, più breve, per raggiungere il punto da raggiungere.
Causa ed effetto
Viviamo in un mondo deterministico, o perlomeno così lo concepiamo. Riusciamo a vivere in questo mondo in quanto siamo convinti che tutto dipenda da catene di causa ed effetto. Per noi è scontato e chi lo mettesse mai in discussione passerebbe per pazzo.
Premo il freno e la macchina si ferma = la macchina si è fermata PERCHE’ ho premuto il freno. Colpisco la palla e quella inizia a muoversi = la palla ha iniziato a muoversi PERCHE’ l’ho colpita. Non ho notato che mia moglie era stata dal parrucchiere e adesso mi tiene il broncio. E così via.
Secondo Fermat la luce si comporta in modo del tutto contrario: in ragione dell’effetto, determina la causa. Fermat, partendo da questo principio, ripensa il mondo in questi termini e rielabora le leggi della fisica in modo del tutto nuovo e inverso. Non in modo deterministico, ma finalistico.
Il motore immobile di Aristotele non dà un calcio a una molecola per creare l’universo secondo una catena di causa-effetto; piuttosto attira a sé tutte le cose, chiamandole in esistenza, quelle che sono, che sono state e che saranno.
Il finalismo in azienda e in tecnologia
Anche se siamo convinti di operare normalmente secondo criteri deterministici, spesso non è così. In azienda ad esempio siamo normalmente, sanamente finalistici.
Si vuole raggiungere un certo risultato, e ci si dota dei mezzi necessari. Un mezzo non conta in quanto tale, ma solo in funzione del risultato da raggiungere. E’ il risultato che attrae, che dà senso e che convoca gli strumenti.
In tecnologia, spesso, non è così. Ci si lancia sulle nuove mode, sulla next big things e siccome è possibile farlo, lo si fa. Siccome è possibile utilizzare uno strumento, lo si usa; anche se corrisponde a uno spreco di tempo e denaro.
Non che sia sbagliato: è il modo giusto di esplorare il possibile rispetto a una determinata opportunità. Provo le tante combinazioni di utilizzo senza interrogarmi sulla loro effettiva utilità, e da quest’attività sostanzialmente ludica si estraggono e si selezionano gradualmente applicazioni effettivamente dotate di valore.
Altre volte questo non succede, e si cade nella sindrome del telecomando. Ho preso il mio e ha contato 44 tasti; da sempre ne uso solo 5 e di alcuni degli altri non conosco né funzionamento né significato; eppure sono Stregone diplomato!
Telecomandi
Quanti telecomandi abbiamo in azienda? Quanti report, analisi, funzioni dell’applicazione, dispositivi, server, manuali, procedure, certificazioni, algoritmi, posizioni, funzioni, che abbiamo creato solo perché? Perché sì? Perché perché?
Quanti prodotti inutili? Quanti servizi inutilizzati?
Qualcuno ha sostenuto nel passato che il management è l’arte di dire no; un buon manager dice no quasi a tutto, tranne che alle poche, pochissime cose che vale la pena fare.
Tra tutti i mondi possibili, ci insegna la teoria quantistica che ha tra le sue fonti il nostre teorema di Fermat, la realtà sceglie quello più probabile. Tra gli infiniti modi di perdere tempo e denaro che abbiamo a disposizione ogni giorno, dobbiamo scegliere quello che vibra sulla superficie del mare e ci attrae immediatamente alla meta.
E ora un po’ di musica
Ecco, arriva il sole; arriva il sole, e va tutto bene. E’ stato un inverno lungo, freddo e solitario, ma adesso il ghiaccio si scioglie e il sorriso torna a illuminare il volto.
E’ bello pensarla “à la Fermat”. Pensare che i raggi di sole di questa primavera non sono qui per via di una serie di reazioni chimiche avvenute 8 minuti e mezzo fa sulla stella a noi più vicina; che si sono invece impegnati per raggiungermi al più presto e riscaldare le ossa dopo questo lungo, freddo e solitario inverno.