Lo stregone dei dati #028
La newsletter dedicata al rapporto tra dati, tecnologia e gestione aziendale. Per sviluppare l'azienda come una "data & technology company".
Non il possesso della conoscenza, della verità irrefutabile, fa l'uomo di scienza, ma la ricerca critica, persistente e inquieta, della verità.
(Karl Popper)
Benvenuto alla newsletter de Lo Stregone dei Dati. Seguimi in questo viaggio alla ricerca del tesoro nascosto della competitività di impresa. Saranno necessari molti incantesimi per superare le prove disseminate lungo il percorso, ma non temere: quelli che sembrano sortilegi in realtà sono il risultato dell’applicazione delle tecnologie digitali all’universo di dati che ci circonda.
ChatGPT, si dice, mangerà il pasto e la cena di Google. O no?
Troppo presto per dire se sarà sfida vera. C’è troppo hype attorno ai MML, difficile separare il grano dalla pula. Ad oggi poi permangono notevoli problemi tecnici, quisquiglie e pinzillacchere quali l’effettiva disponibilità della capacità elaborativa necessaria per soddisfare il mercato; il costo di ogni interazione; la difficoltà del motore a mantenere in bolla una conversazione che vada oltre i 5 (cinque) interscambi.
Si dice spesso che il ciclo dell’innovazione funziona in questo modo:
una prima fase di avvio
il momento dell’hype estremo
la delusione, l’apparente sgonfiarsi della bolla
la progressiva, gloriosa ascesa
In realtà questo è vero per le innovazioni che alla fine funzionano, conquistano e cambiano il mondo. Non va sempre così. Ma la storia la scrivono i vincitori.
Sarò stregone, ma in questo caso la sfera di cristallo non permette di capire ancora di leggere con chiarezza il futuro. Molto si sta scrivendo sul tema, io vorrei giusto proporre una riflessione su un paio di fattori che a mio avviso saranno decisivi.
Abitudini
Google è nelle abitudini della gente; non solo in quanto Google, ma in quanto motore di ricerca. E’ relativamente facile (pur se improbabile allo stato delle cose) immaginare che Google sia sostituito da un altro motore di ricerca che riproponga lo stesso meccanismo di funzionamento; molto diverso, e più complesso, immaginare che le persone si abituino a soddisfare la stessa esigenza in modo affatto diverso.
Un motore di ricerca lavora per liste di link rilevanti: si imposta una stringa di ricerca, il sistema propone ipotesi diverse e ci lascia la scelta sull’opzione da cliccare.
Chat-GPT invece risponde alle domande e fornisce la sua risposta; da lì parte la nostra successiva domanda, o la scelta di abbandonare.
Questo è un processo totalmente diverso in quanto definisce in modo diverso l’atto della ricerca. Da un certo punto di vista si svolge in modo più naturale: impariamo a fare domande da bambini, e da bambini non ci stanchiamo mai di farne. Tuttavia è più laborioso e bisognerà capire se piace, se è veloce, funzionale, cool, se la gente dopo un po’ si abitua o piuttosto si stufa.
Gradi di libertà
C’è poi un’altra questione. Il processo proposto da un motore di ricerca (parola/e chiave + proposta di link rilevanti + click) è un processo regolato, strutturato, ma che lascia ambiti decisionali piuttosto ampi.
Se è vero che la maggior parte delle persone non va oltre la prima pagina dei risultati e la sua manciata di possibilità, è vero che altri si spingono oltre e che nulla impedisce di farlo; che si può cambiare la stringa di ricerca, aggiustando intenzione e risultato; che l’ambito di inclusione dei potenziali risultati è vastissimo, una parte rilevante del web.
Il sistema dunque apre alcuni spazi di libertà, ammettendo anche un certo grado di serendipità (l’arte di trovare quello che non si stava cercando) e questo tutto sommato ha un suo ambito e un suo merito.
Diverso il meccanismo domande/risposte proposto dai nuovi sistemi. Un dialogo normalmente è un processo paritetico e simmetrico, in cui entrambi gli interlocutori hanno peso eguale, scambiandosi il ruolo di chi fa le domande e di chi prova a rispondere. Non è però così in questo caso; una parte domanda, sempre; l’altra fornisce sempre le risposte.
Se leggiamo i dialoghi di Platone, giusto per toccarla piano, si tratta appunto di dialoghi, di conversazioni pienamente bidirezionali.
«Quindi Simonide», feci io, «ha usato, a quanto pare, enigmi in forma poetica per definire il giusto. Sembra infatti che abbia inteso il giusto come il restituire a ciascuno ciò che gli spetta, e a questo abbia dato il nome di dovuto». «Ma tu che cosa pensi?», domandò. «Per Zeus!», dissi. «Se uno gli avesse chiesto: "Simonide, l'arte chiamata medicina che cosa dà di dovuto e conveniente, e a chi lo dà?", che cosa ci avrebbe risposto, secondo te?» «è chiaro», rispose: «somministra medicine, cibi e bevande».
Il fatto che i ruoli siano invece cristallizzati e confinati, uno solo fa domande, l’altro solo dà risposte, è una forzatura. Questa situazione asimmetrica e non paritetica ha una conseguenza in termini di equilibrio tra le parti, tar chi chiede e chi risponde. Chi ha più potere tra i due? Apparentemente (di nuovo) è chi pone le domande che guida il percorso.
Sospetto però che non sia così. Il ruolo di chi risponde ha un’influenza forse più sottile, ma potente; tanto è vero che ora come ora si fa un gran dibattere dei vincoli e dei confini posti alle risposte, che evidentemente contano, eccome.
Modelli di business
Ora parliamo di soldi.
Prima di Google c’erano altri motori di ricerca, Altavista tra tutti, per chi se lo ricorda. Perché sono scomparsi e perché Google, che è arrivato dopo e dunque è per definizione partito da zero e in ritardo, si è preso tutto il mercato?
Non è solo la forza, l’efficienza dell’algoritmo; in realtà quello che ha fatto la differenza è il revenue model.
Google inventò un modo di fare i soldi che consentì al motore di prosperare. Forse non lo inventarono proprio loro, comunque riuscirono a metterlo a profitto. Stiamo parlando del paid listing, un modo geniale di mettere a frutto la coda lunga e approvvigionarsi da un pubblico di inserzionisti vasto e differenziato, tanto in termini di settore che in termini di dimensione. Per intenderci, se un utente fa una ricerca sulla pesca alla mosca, sarà utile e profittevole inserirgli delle pubblicità pagate da parte di www.cannadapesca.com e eschevive.eu.
Può Chat-GPT utilizzare lo stesso modello? A me pare più difficile, per le caratteristiche proprie del modo in cui viene effettuata la ricerca. E’ relativamente facile identificare in una ricerca Google le parole chiave rilevanti cui ricondurre le inserzioni pubblicitarie; più difficile farlo all’interno di un dialogo maggiormente qualitativo, sfumato e impreciso, che si svolge nel tempo e continua a cambiare angolo di visualizzazione.
La pubblicità tuttavia non è la sola potenziale fonte di reddito. Chat GPT potrebbe diventare un sistema B2B, che si alimenta grazie ai canoni pagati dalle aziende per utilizzarlo. Non per nulla è Microsoft, in questo momento, il punto di riferimento di Open AI a livello di investimenti e di applicazioni.
Insomma, sarà vera sfida? E chi la vincerà? Stiamo a vedere. Oppure proviamo a chiedere a loro.
E ora un po’ di musica
E ti vengo a cercare
Anche solo per vederti o parlare
Perché ho bisogno della tua presenza
Per capire meglio la mia essenzaE ti vengo a cercare
Con la scusa di doverti parlare
Perché mi piace ciò che pensi e che dici
Perché in te vedo le mie radici
La canzone è sublime e vale la pena di ascoltarla tutta, anche perché ci richiama a valutare il vero significato della parola “ricerca”.
“Ricerca”, “cercare”, “risposta”, “dialogo”. Tutta roba che ha a che fare con la verità. Pensiamoci, e utilizziamolo come asticella su cui misurare quelli che solo apparentemente sono strumenti tecnici.