Lo stregone dei dati #026
La newsletter dedicata al rapporto tra dati, tecnologia e gestione aziendale. Per sviluppare l'azienda come una "data & technology company".
Creare è dar forma al proprio destino.
(Albert Camus)
Benvenuto alla newsletter de Lo Stregone dei Dati. Seguimi in questo viaggio alla ricerca del tesoro nascosto della competitività di impresa. Saranno necessari molti incantesimi per superare le prove disseminate lungo il percorso, ma non temere: quelli che sembrano sortilegi in realtà sono il risultato dell’applicazione delle tecnologie digitali all’universo di dati che ci circonda.
Puoi fare la stessa discesa venti volte nel corso dello stesso pomeriggio, ogni volta sarà diversa. L’inclinazione dello sci, la distribuzione del peso, la rifrazione della luce sulla neve, la consistenza del fondo, l’angolo della curva, la velocità, la linea delle cunette, la posizione delle spalle e delle braccia, la spinta del vento, il respiro del bosco.
Il vostro Stregone frequenta lo sci alpino da quando era bambino, ed è l’unico sport che pratica con un certo profitto. Da giovane, molti e molti anni fa, gli piaceva salire nel secondo pomeriggio in cima al Canalone di Madesimo, aspettare che le altre persone presenti in funivia fossero andate avanti, e godersi i 940 metri di dislivello e i 2750 metri di pista senza nessun altro intorno, un giovane apprendista Stregone solo con il vento, la neve e la montagna.
Scienza e natura
Noi leggiamo la natura con gli occhi della scienza. Ancora agli albori della suddetta (scienza) il buon Galileo, mio vecchio amico di famiglia e compagno di studi, venne a raccontare a un consesso di Stregoni che il linguaggio con cui la natura ci parla è la matematica. Osai dissentire, e non fui il solo. La matematica è il linguaggio della scienza, non della natura.
La matematica è fatta di numeri e tra i tanti vantaggi che offre c’è quello della ripetibilità. Potete eseguire la stessa operazione finché l’universo si perderà entropicamente nel vuoto e nel nulla, il risultato sarà sempre lo stesso.
Poiché il linguaggio con cui leggiamo la natura è la matematica che ha questa caratteristica di ripetibilità, noi finiamo per attribuire questa caratteristica alla natura stessa. Nulla di più sbagliato, un maldestro sillogismo. La natura (posso dire: il creato?) è sempre unico, originale, irripetibile. Come ciascun singolo fiocco di neve.
La natura non è un’equazione, per quanto enormemente complicata. Non è neanche la combinazione di unità elementari, e ve lo dimostro. Il corpo umano è fatto principalmente da tre ingredienti: l’idrogeno (circa il 65%), l’ossigeno (24%) e il carbonio (10%). Più un mucchietto di azoto, calcio, fosforo, zolfo e sodio. Capite bene che se metto su un tavolo un barattolone contenente parecchi chili di idrogeno, due più piccoli contenenti ossigeno e carbonio, e un po’ di bustine assorbite, vi chiamo e vi dico “ciao volevo presentarvi zia Adelina” … chiamate la ASL e dopo un po’ arrivano due signori gentili vestiti di bianco, giusto?
Ma perché dici queste cose?
Ho già svolto un ragionamento simile, ma ci ritorno perché si fa un gran parlare di chatGPT e più in generale di AI generativa. L’argomento ormai è mainstream, se ne parla anche nei salotti televisivi, e qualcuno pretende che questi sistemi possano sostituire lo sforzo artistico, nella letteratura, nella pittura e nella musica.
Prima di tutto faccio un’osservazione sul nome: AI generativa. Tra “generazione” e creazione” c’è una gran bella differenza e già questo dovrebbe avvisarci su quello che possiamo e non possiamo aspettarci.
Dopo di che ci sono due fattori strutturali che spiegano quello che voglio dire.
Il primo è che tutti questi sistemi vengono addestrati partendo da un corpus di contenuti disponibili. Cioè estraggono dati, informazioni e regole di applicazione da quello che è già esistente, a volte con il contributo di umani che operano una classificazione. Se l’ambito all’interno del quale identifico regole, ragionamenti e strumenti è quello che già esiste, e se il meta linguaggio con cui li approccio e li regolo è quello matematico, il sistema non potrà che restituirci cose che già conosciamo. L’esatto contrario dello sforzo “artistico”, che è creativo e non generativo.
Anche perché (secondo punto) se c’è una cosa che i computer non sanno fare è andare a caso. Il termine “random” trova uno spazio improprio in librerie e linguaggi. Lui, il computer, segue sempre delle regole e a parità di condizioni fornirà gli stessi identici risultati. Dato un punto di partenza si può determinare il punto di arrivo, non c’è nulla di casuale. Per assomigliare alla casualità il computer deve appoggiarsi alla natura. Ad esempio per generare un codice di cifratura che non sia prevedibile dagli hacker posso leggere a intervalli il rumore atmosferico registrato con dei normali microfoni. Ma non c’è nulla, nel digitale, che sia in grado di inserire nel corpus predefinito di contenuti quell’elemento di casualità, di originalità, che gli permetterà di “creare”.
E allora?
Prima di tutto, per favore smettetela tutti una buona volta di giocare conChatGPT per capire il punto in cui comincia a sparare caxxxxe. E’ una forma di bullismo digitale che trovo sconveniente e stucchevole. Si è capito che il poverino dopo un po’ inizia a svamparsi, e che non impara mai dai propri errori; non è il caso di infierire.
Quest’inverno, neve permettendo, godetevi le vostre imprese sciistiche sapendo che sono uniche, irripetibili; non torneranno più e proprio per questo sono preziose.
In giro c’è già tanta pessima musica e letteratura, per non parlare della pittura; non è il caso di a giungerne altra. Come diceva il Sommo Poeta “saranno cose già sentite / o scritte sopra un metro un po' stantìo / ma intanto questo è mio”. In particolare, per piacere, ma davvero, scegliete meglio la musica dei video promozionali. Non se ne può più di video, magari anche di grandi aziende o agenzie di comunicazione, ammorbate da jingle stantii che si ripetono ossessivamente ogni 15 secondi.
In ogni caso ci sono molti modi di usare questi strumenti di generative AI in azienda.
Alcuni di questi attingono a un livello per così dire conservativo, secondo cui usiamo la tecnologia per recuperare efficienza = fare lo stesso (o più) con meno. Produzione di brochure, schede prodotto, post per il blog aziendale, manuali tecnici, comunicazioni ai clienti, traduzioni, adattamenti.
Il secondo livello è quello innovativo. Cosa possiamo fare con questi strumenti di originalmente nuovo e diverso? Qualcosa che altrimenti non sarebbe possibile neanche pensare? Su questo casi e esempi per ora latitano, come è normale che sia. Verranno, e chi ci arriva per primo ha pescato un jolly.C’è il tempo di usare la testa, e quello di usare le macchine. Le macchine vanno impostate, strutturate, pianificate, gestite; dopo di che faranno il loro porco lavoro. Non aspettiamoci, per pigrizia o ignoranza, che si sappiano auto dirigere in vista di un vantaggio evidente di per sé stesso. La tecnocrazia, prima che per l’equilibrio democratico, è una minaccia per l’efficienza.
E ora un po’ di musica
Ho un numero in testo ma non so cosa ci fa lì
Quando i numeri fanno sul serio vedi la loro forma dovunque
Paul Simon
La canzone in realtà parla di un diverso argomento, ma non è caratteristica propria e esclusiva dell’arte di parlare di tutto e di altro ancora?