Lo stregone dei dati #023
La newsletter dedicata al rapporto tra dati, informazioni e tecnologie trasformative. Per gestire l'azienda come una "data & technology company".
Possiamo vendere il nostro tempo, ma non possiamo ricomprarlo.
Paulo Coehlo
Benvenuto alla newsletter de Lo Stregone dei Dati. Seguimi in questo viaggio alla ricerca del tesoro nascosto della competitività di impresa. Saranno necessari molti incantesimi per superare le prove disseminate lungo il percorso, ma non temere: quelli che sembrano sortilegi in realtà sono il risultato dell’applicazione delle tecnologie digitali all’universo di dati che ci circonda.
The dark side
Il vostro Stregone pensava di averle viste tutte e di non rimanere più sorpreso di nulla. E’ tuttavia rimasto colpito dalla lettura di un articolo su Recode dedicato alla dinamica potenzialmente perversa degli algoritmi che governano i social network.
Genitori morti, figli defunti, animali domestici passati a miglior vita, violenze domestiche, molestie sessuali, omicidi, elettrocuzioni, malattie gravi e invalidanti. Questo il menu dei video brevi proposti all’autrice tutte le volte che apriva TikTok. L’accanimento della piattaforma nel mostrarle con insistenza contenuti relativi a eventi tragici e luttuosi, peraltro, a detta sua non trovava ragione in alcun comportamento di utilizzo, in quanto lei era sempre stato un’utente sostanzialmente inattiva.
C’è un lato oscuro dei social e di Internet, non è una novità. Lo sappiamo, e l’abbiamo ampiamente scontato. Inutile e fuorviante demonizzare alcunché, Internet è il mondo, nel mondo c’è il bene e il male, il buono e il cattivo, il brutto e il bello, con tutte le sfumature intermedie, sta a noi scegliere e trovare la nostra strada.
Giusto? Giusto.
L’articolo di Recode denuncia tuttavia una situazione radicalmente diversa. Questo lato oscuro non è una parte del tutto che sta a noi eventualmente cercare, proiezione delle nostre fantasie o scelta della nostra volontà. E’ lui che viene a trovarci, senza preavviso, senza intenzione da parte nostra, senza spiegazioni o mediazioni; semplicemente ce lo troviamo nella timeline. E’ l’algoritmo, bellezza (anzi in questo caso nefanda bruttezza) che sceglie per noi il modo di rovinarci la giornata.
Push and pull
Sto esagerando? Sto esagerando.
“Pull” significa che è l’utente che “tira” a sé i contenuti, li cerca, li sceglie, se li va a prendere e li consuma. “Push” significa che è il sito, la piattaforma, il social che ce li viene a proporre, in base a una presunta conoscenza dei nostri interessi … e con un okkio di riguardo ai propri interessi commerciali e pubblicitari.
I minuti, o le ore, passati sui social li spendiamo a leggere e vedere cose scelte da altri, anche se apparentemente assomigliano a un moto di volizione proprio. Andate su Facebook e cliccate sull’hamburger in alto a destra (le tre strisce orizzontali) e poi su Feed. Ecco, questa è la lista, in ordine cronologico, dei contenuti che “avreste” scelto di vedere in base alle persone che avete amicato, gli account che avete piaciuto, i gruppi cui vi siete iscritti. Questa è la vostra scelta, la vostra intenzione. La timeline standard, invece, quella che ci viene proposta ad ogni accesso e che viene costantemente sollecitata da un torrente di notifiche, è etero determinata, cioè decisa da qualcun altro. Dall’”algoritmo”, si dice. Che immagina, prevede, presagisce i nostri interessi meglio di quanto sappiamo fare noi stessi, o almeno così si afferma.
L’abbiamo bevuta? L’abbiamo bevuta.
Tradimento
I boomer come me si ricordano dei primi tempi di Internet, quando la rete era un pianeta vergine in cui le persone potevano liberamente autodeterminarsi. Dopo secoli di dominio dei media asimmetrici, giornali e televisioni in cui redazioni ed editori decidevano i contenuti e la loro sequenza, uno per tutti e tutti per uno, la rete permetteva a ciascuno di confezionarsi il proprio menu.
Pensa un po’, c’è stato addirittura un momento, peraltro breve, in cui si è tentato di resistire alla commercializzazione di Internet, in cui un gruppo di comici e spaventati guerrieri sosteneva che non c’era spazio in rete per qualunque cosa puzzasse di soldi.
Questo modello di autodeterminazione ha resistito, almeno parzialmente, in alcuni modelli: la tivu in streaming, dove non chiediamo più “cosa c’è stasera in televisione”, perché lo decidiamo noi; le playlist musicali con cui liberamente confezioniamo la colonna sonora della nostra esistenza. Le scelte fatte da altri continuano però ad assediarci in termini di raccomandazioni, “scelti per te”, “discover weekly”, “creato per te”, “contenuti da scoprire!”, e via andare.
Siamo pigri, inutile nascondercelo; e c’è sempre chi è interessato e disponibile a decidere quello che fa per noi.
La mano invisibile
Dopo una prima, illusoria, fase da protagonisti abbiamo inconsapevolmente accettato che quello che leggiamo, vediamo, consumiamo venga deciso da altri, illudendoci della fondamentale bontà della mano invisibile dell’”algoritmo” cui tutto sommato può essere affidato il rispetto dei nostri interessi. Perché, si dice, l’algoritmo è “avanzato” e sviluppato con l’”intelligenza artificiale” e il “machine learning” e il “deep learning”, per cui c’è da fidarsi, perbacco!
Non solo: incoscientemente mettiamo a diposizione tutti i dati necessari per “profilarci”, conoscere le nostre caratteristiche, desideri e voglie, quelli chiari e quelli oscuri, quelli pubblici e quelli segreti. Ci illudiamo che restino tali, segreti appunto. Che non vengano sfruttati per condizionarci, influenzarci, e se capita corromperci o ricattarci. E che possiamo comunque sempre prenderli indietro, cosa non vera, perché la conoscenza non si può decostruire e una volta regalata, la consapevolezza di noi stessi è loro per sempre.
Ma tant’è, ad ogni swipe vince la pigrizia e diamo per scontato la passività con cui accettiamo l’ennesimo mestolo di mangime ammannito da alghy & co.
Fino alle estreme conseguenze, consegnando i più deboli, bambini, preadolescenti e adolescenti all’orrore presente in rete.
Il grande digiuno
Le cose non miglioreranno, anzi peggioreranno. Per questa previsione a me, Stregone, non è stata necessaria alcuna divinazione, niente palle di cristallo. Basta leggere le cronache dei licenziamenti in corso e di quelli imminenti. Quando i titoli in borsa crollano, chi rischia il bonus, chi rischia lo yacht, chi rischia il lavoro, le soglie morali si abbassano. Per dirla con Marx, si troverà sempre un capitalista disposto a venderti la corda con cui li impiccherai tutti.
Vengo da 10 giorni di digiuno da social network, con la sola eccezione di quelli professionali, che peraltro in questo periodo dell’anno sono un po’ mosci.
10 giorni di astinenza, e non è successo nulla di irreparabile, non mi sono perso niente di cruciale. Ho recuperato tempo, stimo tra le mezz’ora e l’ora al giorno, che sembra poco ma vuol dire due settimane all’anno. Di conseguenza ho guardato più film e letto più libri; scelti da me. Ho praticato i miei hobby con più gusto e ho anche riscoperto alcuni progetti nel cassetto. Ho prestato maggiore attenzione a chi e a quello che mi circonda. Se mi interessa qualcosa, vado a cercarla e me la prendo; ma solo se interessa a me. Oso dire che mi sento più focalizzato e deciso, anche se potrebbe essere solo un’impressione.
Nel frattempo devo stare attento, perché appena esco allo scoperto in rete iniziano subito a bombardarmi di contenuti che mi presentano come accattivanti, interessanti o utili. Scoppiano notifiche, brillano messaggi, esplodono email promozionali. Devo difendermi da questi continui tentativi di attirarmi ad ascoltare storie che non mi interessano. Tentativi che man mano che passa il tempo, e che non mollo, si basano sempre più pesantemente sulle pulsioni elementari: sesso e cibo (non è che non mi interessano il sesso e il cibo, ma insomma mi avete capito).
Devo anche guardarmi da una strana inquietudine, come se ci fosse qualcosa che sta succedendo proprio in questo momento, è importante, dovrei saperla, me la sto perdendo, forse irreparabilmente, perché non dare una sbirciata sullo smartphone? - la chiamano FOMO e già il suono dell’acronimo è atroce. Capite a che punto è arrivato il condizionamento?
Ormai ho deciso: sono e resto il padrone del mio destino, il capitano della mia anima, l’unico vero e autentico influencer della mia vita.
E ora un po’ di musica
“Ascolta quello che voglio dirti: cavalcherò il serpente, mi libererò dalle catene, non serve a niente provare a trattenermi, perché piccola, ricorda, che questa è la mia vita e ci faccio quello che voglio, è la mia testa e penso quello che voglio.”