Parole, parole - Lo Stregone dei Dati #060
La newsletter dedicata al rapporto tra dati, tecnologia, aziende, persone ... e vita.
“Una persona vale quanto la sua parola”.
(detto popolare)
Benvenuto alla newsletter de Lo Stregone dei Dati. Seguimi in questo viaggio alla ricerca del significato della vita digitale. Saranno necessari molti incantesimi per superare le prove disseminate lungo il percorso, ma non temere: quelli che sembrano sortilegi in realtà sono solo l’applicazione delle tecnologie all’universo di dati che ci circonda.
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Parole, parole, parole, parole parole soltanto parole, parole tra noi.
Così cantavano Mina e Alberto Lupo nella sigla della trasmissione televisiva Teatro 10. Il vostro stregone aveva una manciata di anni e qualche ricordo ne conserva ancora.
Sul fatto che le parole siano importanti, non mette conto discuterne. Su quante se ne dicano di inutili, non serve fornire dimostrazione. Siamo anche convinti che andrà sempre peggio, con l’alluvione cui i sistemi de-generativi ci sottoporranno d’ora in poi, visto che il prezzo per la produzione di CAQ (Contenuti di Apparente Qualità) tende rapidamente verso lo zero.
A me però interessa poco dire che si stava meglio quando si stava peggio. Vorrei piuttosto illustrare natura e conseguenze della seconda legge della dinamica della comunicazione digitale.
Mission
“Costruire un mondo più soddisfacente e duraturo” = piattaforma di commercio elettronico
“Dare potere alle persone e rendere il mondo più aperto e connesso” = social network
“Arricchire la vita della gente” = rete televisiva
“Aiutare l’umanità a prosperare” = piattaforma software di collaborazione
Potrei continuare a lungo, molto a lungo, spulciando qua e là tra le mirabolanti dichiarazioni contenute nelle missioni aziendali. Certo, a osservare quello che fanno tutto il giorno potrebbe apparire che siano impegnati semplicemente a produrre e vendere prodotti e servizi piuttosto concreti, fin prosaici. Ma non è così. In realtà sono lì per arricchire la vita dell’umanità; costruire un mondo più appagante e duraturo; aiutare il genere umano a prosperare, e via missionando.
Che poi a me pare già strano dire che un’azienda abbia una “missione”, anzi che la debba per forza avere una “missione”. Già perché se non ce l’hai, la missione, ti senti che ti manca qualcosa e devi spiegare il perché.
Pensate se una notte d’inverno un viaggiatore tornasse nella propria città natale e iniziasse a fare due chiacchiere con i vecchi compagni del liceo. C’è uno che è diventato panettiere, ma sostiene che la sua vera “missione” nella vita è di consentire all’umanità di raggiungere la massima potenzialità del proprio vigore fisico e intellettuale. Lo interrompe un altro, che ha aperto un emporio di elettrodomestici e racconta convinto che lui in realtà vuole costruire un mondo dove ciascuno possa realizzare a pieno le sue opportunità. Un terzo si intrufola nella conversazione per parlare del giornaletto locale che conduce: lui crede fermamente che il vero scopo della sua attività sia rendere più ricca la vita delle persone. Fantastico! Ce ne fosse uno concentrato sul fare soldi. Macché: dopo tutto, vien da pensare, cosa conterà un po’ di profitto in più quando l’attività economica ha trovato il suo vero ambito finalistico, il cosiddetto “parpos”?
Di colpo tutti tacciono, si voltano verso di lui e inquisiscono: e tu, qual è la tua missione? Com’è che rendi il mondo un posto migliore? Sei consapevole delle responsabilità che hai per sostenere il futuro del pianeta?
Io veramente, sussurra lui facendosi piccolo piccolo, lavoro da un commercialista, cerco di farlo al meglio, clienti e colleghi sembrano contenti e ci do da mangiare alla famiglia. Tutto qui? Tutto qui. Roba da vergognarsi a stare al mondo.
Normali
Essere normali, francamente, mi pare esagerato.
“Assolutamente sì” è un mantra, un meme, un luogo comune e ha ormai completamente sostituito locuzioni che al confronto hanno perso il loro valore semantico: “sì”, “certo”, “esatto”, “proprio così”. Se le usate per rispondere affermativamente vi pare di non avere risposto, soverchiati e spossessati del significato dalla forza di quell’avverbio, “assolutamente”.
Di più con meno, di meno con più, le misure vengono flesse e adattate, fino a risultare smisurate.
Ma in un mondo in cui tutti gridano, pretendendo di essere molto più di quello che sono, chi può farsi più sentire?
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Bulimia
Che c’entra il digitale, direte voi?
Il digitale, come ricordavamo in apertura, ha espanso di parecchi ordini di grandezza la quantità di contenuti a disposizione, innescando l’inflazione dei significati.
Parallelamente alla proliferazione incontrollata di contenuti abbiamo assistito alla moltiplicazione delle speaking opportunities. Nella società tradizionale, quando mai una persona normale poteva contare su un palcoscenico mondiale? Al massimo era disponibile l’audience degli amici dell’osteria. Adesso si può parlare al mondo intero sempre, in ogni momento, mille volte al giorno! Basta aprire lo smartphone per avere a disposizione i miliardi di iscritti a Facebook, Instagram, Tik Tok.
Già, ma non funziona proprio così. In teoria sono tutti lì ad ascoltare me, in pratica … no. Mi accorgo velocemente che i miei singhiozzi, i miei ruttini, le foto di tramonti e le faccine argute, non importano a nessuno, maledetto algoritmo, e questo mi fa male, molto male. Allora sono tentato di spararla grossa, ancor più grossa del vicino di ombrellone, per avere finalmente quell’attenzione che il mio ego si aspetta.
Insomma, che sia a tu per tu con l’amico incontrato al supermercato, o nel fulgido postare sui social, siamo sottoposti a una selvaggia inflazione dei significati. L’effetto immediato è che occorre aumentare rapidamente il valore nominale di ogni banconota di attenzione in circolazione, perché le vecchie unità di misura non valgono più nulla. Per comprare quello che anni fa era il controvalore di interesse di mille lire, adesso ce ne vuole un milione, domani dieci milioni.
Benvenuta intelligenza
La seconda legge della termodinamica, presa un tanto al chilo, afferma che l’universo è condannato al graduale crescere dell’entropia, al diffondersi del caos, alla vittoria del casino più totale e assoluto.
Una legge simile può essere formulata per la comunicazione digitale: al crescere della sua pervasività cresce più che proporzionalmente la quantità e l’enfasi dei messaggi, fino a determinare una CAQofonia di messaggi dove nulla è più distinguibile, tutti a urlare e non si sente nulla.
Questa legge è rinforzata da una più recente che interessa i nuovissimi LLM. Si è osservato infatti che le capacità di un modello crescono al crescere delle sue dimensioni. Tanto che modelli generalisti, addestrati su basi di dati più estese, vincono su modelli specialistici anche sulle funzioni specifiche di questi secondi, in quanto la base dell’addestramento, pur essendo più focalizzata, è più piccola.
Queste due invarianti si alimentano a vicenda. Le voci crescono in quantità e volume; i modelli di AI diventano sempre più bravi a alimentare queste voci. Un perfetto loop entropico.
Vorremmo poter dire che le aziende, prudenti per vocazione, improntate a una logica di lungo periodo e orientate al rispetto dei propri clienti, sanno resistere a queste tentazioni e continuano a ispirare la propria comunicazione a un compassato equilibrio, sforzandosi di ricondurre le cose al loro significato, promuovendo in questo modo un’immagine di sé affidabile e coerente, cosa che non mancherà di attirare l’attenzione e in definitiva la propensione all’acquisto dei consumatori.
Macché, semmai il contrario. Nella definizione della propria “missione”, così come nella pubblicità, nei memo interni, nelle politiche del personale, nelle presentazioni interne ed esterne, tutta la comunicazione aziendale tende a salire di livello e aumentare il volume. Prendo a caso l’About us di un’azienda che sta nel mio radar, che sviluppa sistemi piuttosto, anzi direi molto specialistici; traduco in italiano così la maschero.
“Noi di XXXXX abbiamo creato la API per XXXXX più inclusiva [???] e precisa mai realizzata. Stiamo cambiando il modo in cui le aziende lavorano, fornendo loro una tecnologia fondativa per XXXX basata sull’AI”. Capito? E io che pensavo producessero un sistema software che a prezzi compatibili serve per svolgere una certa funzione.
Lo prometto e lo assicuro: il primo che trovo che mi dice che il suo prodotto è semplicemente discreto, a un prezzo tutto sommato sensato, più o meno come gli altri, gli svuoto il negozio.
In conclusione
La spirale non si fermerà e gli appelli a una sana auto regolazione mi sembrano del tutto inutili. Continueremo a sentire persone e organizzazioni che la sparano grossa, sempre più grossa, sempre sempre più grossa più grossa, sempre sempre sempre più grossa grossa grossaaaaa...
Per conto mio, mi divertirò a spiare l’effetto che fa dire cose sensate, prudenti, consapevoli. Comprerò tutti quei prodotti che non pretendono di essere più di quello che sono. Cercherò di ricordare che, alla fine, quello che vogliono sono i miei soldi. E diffiderò di chi si sente investito della missione di salvare l’umanità: da che mondo è mondo, e questo non cambierà mai, quando un uomo parte per salvare il mondo, finisce per perdersi in una lunga scia di sangue, il suo e quello di chi gli sta intorno.
E ora … un po’ di musica
Le rose e i violini, questa sera raccontali a un'altra.
E godiamocela, Mina è sempre Mina. Il pezzo era nato come uno sfottò all’Alberto Lupo seduttore, è rimasto un classico.