Non excusat - Lo Stregone dei Dati #061
La newsletter dedicata al rapporto tra dati, tecnologia, aziende, persone ... e vita.
“Tutte le parole si esauriscono e nessuno è in grado di esprimersi a fondo”.
Qoèlet
Benvenuto alla newsletter de Lo Stregone dei Dati. Seguimi in questo viaggio alla ricerca del significato della vita digitale. Saranno necessari molti incantesimi per superare le prove disseminate lungo il percorso, ma non temere: quelli che sembrano sortilegi in realtà sono solo l’applicazione delle tecnologie all’universo di dati che ci circonda.
☢️ Questo post contiene materiale ad alto potenziale di SPOCCHIA☢️
La tocco piano: l’ignoranza dilaga.
Uno stregone, durante il suo percorso di formazione, è chiamato ad assimilare una dose ragionevole di cultura generale. All’Accademia occorre sostenere una serie di esami relativi a storia, geografia, filosofia, lingua, etc. Sono prove serie, si pretende il raggiungimento di un livello minimo di consapevolezza rispetto al mondo che ci circonda, da dove viene, dove va, perché etc. Si ritiene importante che assieme al potere costituito dalla capacità di fare incantesimi, venga consegnata l’apertura mentale necessaria per usarli al meglio. Dopo di che andrà come andrà, ma almeno si è in grado di capire cosa significa andare da una parte, o dall’altra.
Di conseguenza, e mi sento un po’ spocchioso mentre lo scrivo, non riesco a rimanere indifferente quando leggo una newsletter scritta da un maschietto che si definisce “un’umanista”, o il post su Linkedin della giornalista di un’autorevole testata che cita “modus in rebus” dimenticano l’”est” e pensando voglia dire che è sempre necessario un metodo per affrontare argomenti nuovi. Mi pervade un certo fastidio, e non riesco a fare a meno di farlo notare.
Fossero solo la grammatica e le citazioni latine ad essere allegramente defenestrate; c’è di peggio, purtroppo. Siamo nel secolo degli ingegneri, dei tecnici, degli sviluppatori software, non certo dei linguisti, dei filosofi o degli antropologi. Viviamo le facoltà umanistiche come un romantico consegnarsi all’irrilevanza, preludio alle fredde braccia della disoccupazione.
La cultura non è un lusso
Non c’è colpa nell’ignoranza, avrebbe osservato mia nonna. Lei però viveva in un’epoca dove l’accesso all’istruzione era in funzione della nascita, tanto che l’unico modo per istruirsi di una persona intelligente, ma di umili origini, era diventare sacerdote (la Chiesa, peraltro, è l’unica istituzione che ancora si permette di mantenere persone che hanno l’unico obiettivo di leggere, imparare, capire, a prescindere da qualunque considerazione pratica).
Non è più così. Qualunque ragazzotto, o persona adulta, o senescente potrebbe in buona coscienza togliere 15 minuti al giorno dallo swipe di Tik Tok per dedicarlo a imparare qualcosa, abbeverandosi alla vastissima quantità di fonti disponibili in rete.
Si badi, non ad aggiornarsi, che è un semplice attingere a notizie interessanti oggi e domani irrilevanti (che bel chiasmo! e il primo che mi dice che lo studio delle figure retoriche è inutile, lo condanno con un incantesimo dei miei alla visione perpetua dei dibattiti politici).
Un vecchio meme diceva che la cultura è ciò che resta quando si è dimenticato tutto; una visione sapiente della realtà che è il risultato della graduale sedimentazione e affinamento di cose lette, studiate, vissute, imparate. Ha poco a che fare dunque con l’essere eruditi; istruiti; o aggiornati. Ma è la terza dimensione dell’intelligenza, quella che dà profondità alla vastità e alla complessità del sapere.
Che snob!
Non serve dunque sventolare i tanti libri letti. I libri, quelli che si meritano questo nome, li si ama o li si odia e questo non si può condividere. Non funziona allo stesso modo per saggi, manuali, romanzetti, la dieta libraria normale di chi oggigiorno legge, quei pochi, peraltro. Roba “shallow”, direbbe un inglese. Mari senza profondità, sei attratto dal riflesso della luce sull’acqua ma sotto non c’è niente che valga la pena esplorare.
Cosa significa imparare qualcosa? Significa che quella cosa trasforma, magari di un cincinino, il tuo essere persona umana. Una piccola nozione, magari, una frase, che però muta la visione della realtà e il tuo stare al mondo.
Questo tipo di apprendimento, come qualunque esplorazione, richiede la guida di maestri. Incontrati raramente in carne ed ossa, facilmente reperibili presso la locale biblioteca. Gente che si chiama Henri, Hermann, Fedor, Joseph … figure immense che hanno distillato la via per comprendere il senso che c’è nelle cose del mondo.
Inutile
A cosa serve tutto questo? Ecco la formidabile sorpresa: assolutamente a nulla! Se è vera cultura, non c’è in essa niente di utile. Cosa che la accomuna all’amore; alla genitorialità; al godimento estetico; alla musica e alla danza; all’amicizia. Se è un’amicizia utile, non è veramente amicizia.
Sarà inutile, la cultura, ma ci contraddistingue; cambia il sapore con cui ci svegliamo ogni mattina.
Le moderne tecnologie, di contro, sono assolutamente utili, nessun dubbio a proposito! Sono addirittura preziose. Ma ogni mattina ci fanno svegliare con una fame insaziata e insaziabile di nuove utilità, roba che attraversa stomaco e intestino senza fermarsi, viene deglutita senza nutrire.
Purtroppo
Se scorriamo le liste di libri che i grandi del digitale indicano come testi che hanno cambiato la loro vita, c’è di che dire purtroppo. Una marea di manuali tecnici, analisi geopolitiche o storiche su eventi recenti (per cui cronaca, piuttosto che Storia), qualche riduzione di classici in senso marketing oriented (The Art of War for Lovers, uno tra tanti che ha colto la mia attenzione, pover Sun Tzu), accanto a citazioni occasionali di Platone e Anna Karenina, che per qualche ragione godono in questo periodo di una effimera popolarità, vai a capire cosa ci hanno trovato … e se li hanno veramente letti.
Quando citiamo i grandi del digitale parliamo di persone che ogni giorno che passa accumulano nelle proprie mani crescenti concentrazioni di potere e di ricchezza. Ma a leggere quello che leggono, si fa fatica a pensare che possano averne una vera, piena consapevolezza.
Abbiamo parlato prevalentemente di libri, ma c’è l’architettura, la scultura, la pittura, la musica, la danza e il teatro. Da che mondo è mondo i nobili e i ricchi hanno ritenuto che facesse parte del loro ruolo il fatto di sostenere così, a fondo perduto, la realizzazione di imperiture opere d’arte. Certo si potrebbe osservare che in realtà in questo caso c’era una funzione di utilità, perché la grandezza delle opere realizzate rafforzava l’idea della legittimità del loro potere; ma appunto, avevano bene in mente che creare bellezza fosse un attributo fondamentale del loro ruolo, sostenesse la definizione del potere stesso. Senza di ciò il mondo sarebbe brutto; o se volete molto più brutto di quello che è.
Non è così per i nuovi ricchi dell’epopea digitale; sostengono sì il progresso tecnologico, per alimentare il fiume cui loro stessi si abbeverano; mantengono a volte iniziative benefiche tacciate di essere semplici strumenti di efficacia fiscale; ma per quanto riguarda il sostenere le arti, invece di finanziare la costruzione di monumenti preferiscono pagarsi la costruzione di bunker nucleari, e non sto scherzando.
Benvenuta intelligenza
Non tutti saranno d’accordo. Federico II di Prussia, per dirne uno, diceva che quando voleva punire una città mandava a governarla un filosofo. A ognuno il suo dunque, quanto ai filosofi, tanto agli ingegneri. Ma non illudiamoci sul fatto che la conoscenza dei meccanismi, e la loro padronanza, possa aggiungere uno iota a capirne qualcosa.
In un qualunque dibattito (non fa conto ormai chiamarlo dialogo) riveliamo un’implicita convinzione che la competenza tecnica possa e debba essere la caratteristica fondamentale della mente umana. Che il fine non giustifica i mezzi, perché i mezzi sono oramai il fine. Che siccome si può fare, valga la pena di farlo. E che tutto il resto siano vaghe allucinazioni di menti antiche, pensieri irrisolti sorpassati dall’evoluzione dell’umanità che ha finalmente cancellato le epoche buie dei filosofi per accogliere la luce dell’homo tecnologicus.
In conclusione
Stiamo dando il controllo del mondo a una schiera di idiot savant; oppure è solo un enorme cumulo di menate?
Avete presente le geografia della conoscenza e dell’ignoranza? Passa per tre gradi. So; so di non sapere; non so di non sapere. L’ultima è una maledizione, il Nulla della Storia Infinita, il Mordor del Signore degli Anelli. Combattiamo, lottiamo per avere il diritto di capire, di fare domande, di cercare le risposte in sapienze antiche come noi.
E ora … un po’ di musica
Guardati di nuovo intorno, è sempre il solito vecchio cerchio; vedi, deve essere così, lo dice proprio qui, a pagina quarantatré. Dice che dovresti afferrarlo, altrimenti scoprirai che ti è passato solo accanto.
Arcobaleni tutt'intorno, riesci a trovare l'argento e l'oro? Quelli che ti renderanno vecchio. Il fiume può essere caldo o freddo, ma ti ci devi tuffare, altrimenti scoprirai che ti è passato solo accanto.
Passalo in giro ancora una volta, penso che berrò un sorso di vino. Sai, la vita è bella
anche con gli alti e bassi, e tu dovresti berne un sorso, altrimenti scoprirai che ti è solo passata accanto.
Ciao Stregone,
hai ragione. Infatti trovo anche tutta esaltazione delle STEM estremamente controproducente. Se da un lato permettono sicuramente di trovare un impiego, dall'altra, visto come fenomeno generazionale, siamo sicuramente di fronte ad un impoverimento. Mi chiedo sempre quale è il contributo che ognuno di noi può dare a tutto questo, a parte il buon esempio.