La sindrome presidenziale - Lo Stregone dei Dati #056
La newsletter dedicata al rapporto tra dati, tecnologia, aziende, persone ... e vita.
“Io sono come un vino che sta invecchiando. Il vino invecchiando dicono che migliori, ma non tutti i vini migliorano, alcuni inacidiscono”.
(Eugenio Montale)
Benvenuto alla newsletter de Lo Stregone dei Dati. Seguimi in questo viaggio alla ricerca del significato della vita digitale. Saranno necessari molti incantesimi per superare le prove disseminate lungo il percorso, ma non temere: quelli che sembrano sortilegi in realtà sono solo l’applicazione delle tecnologie all’universo di dati che ci circonda.
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☢️ Questo post contiene materiale altamente divisivo ☢️
Nel 1942 la fine della guerra era ancora lontana; Glen Miller riceveva il primo disco d’oro della storia; Humphrey Bogart e Ingrid Bergman venivano immortalati in Casablanca, Renato Rascel in Pazzo d’Amore; e nasceva Joe Biden.
Donald Trump è del ‘46, la guerra per fortuna era finita, anche se da poco, nasceva la Vespa e la Sampdoria, e potrei continuare ma mi avete capito.
Un pensiero sorge spontaneo: non è il caso che chiunque vinca le elezioni faccia una bella legge per incentivare la nascita di nuovi cantieri, e così di lì in poi è tutto in discesa?
Vecchi
Voilà, con il semplice titolo di un capitolo ho già perso una fetta di lettori. “Vecchi” non si dice! “Anziani” piuttosto, “non più giovani”!
Se vogliamo essere formali, da un punto di vista biologico l’invecchiamento (“anzianimento” non si dice, per qualche ragione, per cui quella parola devo pur usarla) inizia a 30 anni; “vecchi” una volta si diventava ufficialmente a 65 anni, adesso appunto non si dice più e comunque si propone di spostare la soglia a 75, introducendo poi una distinzione tra terza e quarta età che ad oggi è piuttosto oscura.
D’altro canto, si sa, i 60 sono i nuovi 40, i 70 sono i nuovi 50, gli 80 ….
Dopo di che guardi le pubblicità televisive invase da poltrone che ti aiutano a metterti in piedi, letti contenitivi, pannoloni, colla per dentiere, apparecchi acustici e vasche da bagno che diventano docce per chi non ce la fa più a tirarsi su, e ti viene il sospetto che stiamo giocando con i numeri.
Disclaimer. Come Stregone ho la fortuna di avere vissuto per intere ere storiche, ma se vogliamo computare la mia età in anni umani, la soglia utilizzata una volta per definire il baratro non è più lontanissima; però gli anni li porto con orgoglio, non li ridarei indietro, ci tengo, come Anna Magnani le sue rughe nella famosa battuta, quindi proseguo sereno.
Il bastone del comando
Per secoli e millenni il “vecchio” ha sempre avuto un ruolo e un obiettivo diverso dallo spendere tempo, denaro e risorse per dimostrare semplicemente di non esserlo, vecchio. Era un ruolo che aveva a che fare con il giudizio, l’esperienza, la capacità di trasmissione dei valori, etc. Ora però a seguire il dibattito presidenziale americano si rimane colpiti dall’affanno con cui entrambi i contendenti vogliono dimostrare che loro, vecchi o anziani che sia, non lo sono. E citano record golfistici, esami clinici, visite mediche e ci manca poco che alludano a prestazioni di tipo diverso che francamente a me apparirebbero improbabili, ma si sa, i miracoli della medicina.
Perché mai?!? Ognuno è quel che è, e al di là della retorica dei “giovani dentro” è difficile dubitare che nella definizione della propria identità si possa prescindere dagli anni passati sulla terra, dai mondi visitati, dalle esperienze vissute, dai volti conosciuti, e anche se volete dalle ossa che scricchiolano la mattina, le giunture che non sono più quelle di una volta, e il fiatone dopo il primo piano di scale.
Oltre alle dinamiche psicologiche individuali (discorso che ci porterebbe fuori tema), sospetto che questi atteggiamenti abbiano alla base il colpevole di sempre: la gestione del potere.
Non mollano
Ne ho viste di situazioni in cui il normale avvicendamento al timone di un’organizzazione è stata frenata e a volte impedita dal pervicace, ostinato, bieco tentativo di chi la poltrona non la molla e non la vorrà mai mollare, nonostante il passare degli anni. E per dirla tutto, anche se a me non è mai capitato, mi porto dietro della rabbia per le situazioni cui ho assistito e per i giovani amici che non hanno potuto dispiegare legittimamente il loro potenziale.
Perché se a quegli anziani-non-più-giovani vengono a mancare gradualmente le energie e l’apertura mentale per alimentare il nuovo, impostare il futuro, prendersi cura dell’organizzazione in modo sostenibile nel tempo, non mancano esperienza e astuzia per difendere il castello assediato e per impedire al nuovo (e ai nuovi) di avanzare.
La Chiesa cattolica impone ai cardinali di andare in pensione a 75 anni; altre multinazionali anche qualche anno prima; non si può scegliere, le eccezioni sono pochissime. E se chiedete a me, negli ultimi anni l’accelerazione del mondo è stata tale per cui il rischio di trovarsi estraniati è sempre più alto e più anticipato. Ha senso pensare di gestire un potere immenso a 80 anni suonati?
Cosa dice la scienza? Perché la già citata soglia dei 65 anni? Il 59% degli ultra 65enni riferisce che, nel corso della vita, un medico gli ha diagnosticato una o più patologie tra le seguenti: insufficienza renale, bronchite cronica, enfisema, insufficienza respiratoria, asma bronchiale, ictus o ischemia cerebrale. E’ l’età tipica dell’insorgere dell’Alzheimer. E potremmo continuare molto a lungo.
Fatti, rifatti e contraffatti
I vecchi, dunque, fingono di essere giovani; respingono con energia i nipotini che vorrebbero salire loro in braccio; e continuano a esercitare prerogative che non sono più in grado di reggere.
Questo però è molto pericoloso, perché la nostra è una civiltà, una società, un’economia con una fortissima impronta tecnica e tecnologica; prima ancora che scientifica, che già andrebbe meglio. Ma come è possibile gestire quello che non si comprende? Non per mancanza di volontà, o di testa, ma perché tutto l’imprinting è avvenuto secondo codici e regole totalmente, profondamente diverse.
Il rischio non è del fallimento; è delle derive non controllate. Dentro alle leve tecnologiche attuali risiede un potere enorme, esponenziale, che va regolato. Ma può essere regolato da chi è nato e cresciuto in un mondo in cui non esisteva la televisione?
Esiti
I possibili esiti nefasti sono di tipo diverso; perdita di controllo sulle derive tecnologiche, caos, anarchia; concentrazione del potere economico e politico nelle mani di pochi, pochissimi; utilizzo dei nuovi strumenti per esercitare un’influenza di massa che di fatto annichilisce il pensiero libero e la democrazia (in realtà già ne scriveva Freud, figuriamoci); sovranità assoluta di alcune nazioni rispetto ad altre. E via discorrendo, belli sereni.
E’ iniziata una nuova era che richiede regole e meccanismi regolatori diversi. Per come la vedo io, è palese che la responsabilità ultima degli equilibri debba essere esercitata da chi ha perlomeno una vaga percezione di quello che sta succedendo. Per restare in ambito politico, e oltreoceano, andate a vedervi le sedute del Congresso in cui intervistano i grandi della rete, e avrete una sconfortante rappresentazione di quello che temo.
Non ce l’ho con Joe e Donald, li ho usati come esempio perché in questo momento stanno sotto i riflettori. Fossero solo loro il problema, che invece è molto più diffuso, e in molti ambienti. Ma chiunque vinca dovrà confrontarsi come gente come Sam Altman, che di anni ne ha 39.
Cosa possiamo fare?
Aumentiamo il numero dei cantieri aperti e promuoviamo staccionate che rendano agevole e sicuro la verifica di quanto succede all’interno.
Quando scegliamo il settore in cui operare, chiediamoci chi è che ha in mano le leve del potere nel settore; quelli che davvero decidono, quelli che muovono cose ed equilibri; e quanti anni si portano sulle spalle.
Coinvolgiamoli, utilizziamoli gli anziani; per l’equilibrio, la capacità di giudizio, la saggezza; ma per carità del cielo trasferiamo le leve del potere. Ci ficco dentro un’altra citazione di Herbert Hoover, che fece il presidente dai 55 ai 59 anni: le guerre sono decise dai vecchi, e ci muoiono i giovani.
E ora … un po’ di musica
Per chi non conosce My Old Man, immagino molti, questo è un pezzo stupendo di un cantautore scomparso giovane. Riporto il testo nella sua interezza.
Mi manca il mio vecchio stasera e vorrei che fosse qui con me. Con le sue battute sdolcinate e i suoi sigari da quattro soldi poteva guardarti negli occhi e venderti una macchina. Non una cosa facile da fare. Ma nessuno ha mai conosciuto una creatura più affascinante su questa terra del mio vecchio.
Era pilota dell'U.S. Army Air Corp e con un C-47 carico di materiale pesante
pesante teneva aperta la strada della Birmania. Dopo che hanno sganciato la bomba
è tornato a casa e ha sposato mamma; e non molto tempo dopo è diventato il mio vecchio.
Oh i litigi che abbiamo avuto quando io e mio fratello lo facevamo arrabbiare. Si agitava tutto e iniziava ad urlare. Io sapevo cosa stava per succedere e mi estraniavo; ma ora che il vecchio se n'è andato darei tutto quello che possiedo per sentire quello che diceva quando non stavo ascoltando.
Sì mi manca il mio vecchio stanotte e riesco quasi a vedere la sua faccia. Cercava sempre di controllare il suo peso e il suo cuore arrivò solo a cinquantotto anni. Per la prima volta da quando è morto ieri sera tardi ho pianto. Mi chiedevo quando l'avrei fatto. Per il mio vecchio.